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Crediti: Federico Di Dio photography via Unsplash

La montagna troppo affollata modifica le abitudini animali

Orsi, cervi, tassi e caprioli per minimizzare il contatto con gli uomini dovuto al turismo in montagna mettono in atto diverse strategie: modificano i loro movimenti, spostano le attività in orari notturni e si fanno vedere sempre meno.

Cosa succede quando la montagna diventa affollata di turisti? L’Università di Firenze in collaborazione con il Muse di Trento, dopo un lavoro durato sette anni, risponde alla domanda indagando gli effetti del turismo umano sul comportamento di più di sette specie animali in uno dei luoghi più rinomati d’Italia, le Dolomiti.

Turismo in montagna e fauna locale montana

Aree naturali, parchi protetti ed escursioni in mezzo ai sentieri di montagna sono una delle scelte di turismo che sta andando per la maggiore in tutto il mondo. Stare in mezzo alla natura, favorisce una riconnessione con l’ambiente e ci porta via dai drammi della città e svolge un ruolo cruciale nella società urbana con diversi benefici per la salute mentale umana e non solo. Infatti, Il turismo in natura è un’importante sorgente per l’economia locale. Uno tra gli effetti benefici dell’attrarre turisti in ambienti naturali è quello di contribuire a raggiungere uno degli obiettivi delle aree protette: la conservazione di fauna e flora.

Sebbene in Europa, dagli anni 70’ l’abbandono delle terre montane ad uso agricolo abbia favorito spazi più facilmente accessibili agli animali selvatici che si sono così riappropriati di habitat e risorse, oggi la frequentazione turistica massiva ha cominciato a far nascere delle preoccupazioni riguardo ai possibili effetti collaterali sulla biodiversità e in modo particolare sulla fauna. L’uomo agisce sulla natura non solo con la costruzione di infrastrutture e agricoltura ma anche attraverso tutte le attività ricreative che si svolgono solitamente nelle foreste come il trekking, ciclismo, passeggiate a cavallo e campeggio. Considerando l’aumento crescente del turismo in natura risulta necessario chiedersi il vero impatto di queste azioni. A questo risponde la scienza attraverso monitoraggi e combinando studi sociali ed ecologici proprio per meglio comprendere e gestire l’interazione tra attività ricreative (utili e necessarie all’uomo) e la conservazione animale.

Uno studio lungo sette anni dimostra come l’uomo ha un ruolo importante sulle abitudini dei mammiferi selvatici

Capire l’impatto reale delle attività umane: questo è stato l’obiettivo della recente ricerca pubblicata su Ambio dal titolo “Crowded mountains: Long-term effects of human outdoor recreation on a community of wild mammals monitored with systematic camera trapping”. Lo studio iniziato nel 2015 e concluso nel 2021 ha voluto indagare le variazioni nei comportamenti di quasi 8 specie di mammiferi di media e piccola taglia quali volpe, cervo, orso, capriolo, faina, tasso, orso e camoscio in un’area fortemente turistica delle Alpi centrali.  

Attraverso un sistema di fototrappole, per circa 7 estati consecutive, si sono valutati circa 60 siti e stimate le dinamiche di movimento di uomini e animali fuori e dentro il Parco Naturale Adamello- Brenta Si è monitorata per entrambi la frequenza e intensità di apparizione grazie a più di 500.000 fotografie scattate.

I risultati fanno molto riflettere. L’uomo è presente in quasi l 70% delle foto scattate.  Inoltre, è si osserva quasi 7 volte in più della volpe (specie selvatica comune), e circa 70 volte rispetto all’orso dimostrando l’importante pressione antropica sui questi luoghi. Ma emerge un dato comunque positivo: per quasi tutte le specie di piccola taglia il livello di occupazione nei luoghi indagati aumenta o rimane stabile. Questo è Indice di un buon equilibrio di convivenza con l’uomo.

La presenza massiccia registrata è stata messa in relazione al comportamento delle diverse specie osservate. Tutte le specie si sentono comunque minacciate e disturbate e tendono a ridurre le attività vicino ai siti di passaggio dell’uomo e ad aumentare così l’attività notturna. Questo cambio di abitudini, per le specie abituate a vivere durante le ore di luce, chiaramente ha effetti sul movimento, abilità nell’orientamento ed efficacia nel cacciare cibo. Ma non solo, le ripercussioni sono anche sulla termoregolazione e sull’interazione sociali.

Ognuno deve fare la sua parte

In conclusione, la presenza dell’uomo induce una modifica e trasformazione delle abitudini di molti mammiferi e la notturnalità è chiaramente la risposta comune. È chiaro come questi animali si impegnino a ridurre il contatto con l’uomo. Inoltre, questi studi ci fanno capire quanto sia fondamentale il monitoraggio ecologico per adottare strategie per fruire di questi luoghi, preservarne gli equilibri, garantire la coesistenza tra uomo e le altre specie animali. Suggeriscono gli autori della ricerca magari riducendo ‘affollamento nei momenti delicati di accoppiamento e nascite. Ora tocca a noi fare la nostra parte.

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Sostenibilità: 8 italiani su 10 sensibili al tema - Mountain Genius
1 anno fa

[…] 27 Marzo 2023 0 […]