Ghiacciaio del Teodulo, ruspe e Coppa del mondo di sci. Cipra: “Un luna park che ricorda il Titanic”

Mancano pochi giorni alle gare della “Matterhorn Cervino Speed Opening”, che inaugureranno la Coppa del mondo di sci, ma a far discutere sono ancore le ruspe che per mesi hanno lavorato sul ghiacciaio del Teodulo. Ora la questione è anche politica.

A pochi giorni dalla “Matterhorn Cervino Speed Opening”, che aprirà la Coppa del Mondo di sci, continua la polemica per quelli che sono stati i lavori di preparazione al grande evento. Nelle scorse settimane sono infatti state viste sul ghiacciaio del Teodulo una serie di ruspe, impegnate nell’escavazione e nella mobilitazione di masse nevose per preparare il circuito di gara. Dopo un blocco parziale del lavori, arrivato lo scorso 23 ottobre, perché i mezzi stavano operando al di fuori dei confini del comprensorio sciistico. Dall’altra parte però i lavori sono proseguiti e stanno proseguendo tutt’ora, a una manciata di giorni dall’inizio delle gare.

La posizione della Regione Valle d’Aosta

Se all’inizio la polemica era legata principalmente alle associazioni ambientaliste svizzere, ora la questione sta tenendo banco a livello transfrontaliero. È di una settimana la notizia dell’apertura di un’indagine da parte della Procura della Repubblica. In breve la questione ha raggiunto il Consiglio regionale della Valle d’Aosta con un question time portato all’attenzione dalla consigliera Erika Guichardaz di Pcp (progetto civico progressista). A rispondere l’assessore Luigi Bertschy che ha spiegato come la società che si è occupata dei lavori sul versante valdostano del Cervino abbia “lavorato per tempo per ottenere tutti i permessi e le autorizzazioni”. Evidenziando poi che sì, le immagini delle ruspe hanno fatto molto scalpore, ma che in realtà si tratta di una pratica consolidata per la gestione della sicurezza di questi eventi: “da tempo ormai in tutti i ghiacciai sul territorio svizzero e anche altrove avviene questa operazione meccanica di chiusura dei crepacci con lo spostamento della neve per garantire la sicurezza di sciatori e degli operatori”. Risposte che non hanno accontentato la consigliera Guichardaz e il partito ecologista Vda Aperta, che in tutta risposta ha chiesto di avere accesso a tutta la documentazione disponibile.

Pochi giorni fa la riposta della maggioranza che “esprime rammarico per alcune pretestuose polemiche, avanzate da visioni miopi, che sembrano non accorgersi della straordinaria opportunità offerta dal ritorno della Valle d’Aosta nella Coppa del mondo di sci. Il partito del No ancora una volta ha una posizione di corto respiro, fortunatamente minoritaria, che nega le prospettive dello sviluppo economico della nostra regione, giocando contro alle opportunità che questo evento può offrire al mondo della montagna composto dai maestri di sci, dalle guide alpine e dai professionisti dell’accoglienza alpina che rappresentano i veri beneficiari del ritorno positivo di questo imperdibile evento”.

La posizione di CIPRA

“Fortunatamente non è sempre così. In altre situazioni, i gestori degli impianti procedono con molte più accortezze e attenzioni, sapendo di manipolare fragili ambienti di alta quota; qui invece non si va per il sottile: the show must go on”. È questa la forte dichiarazione di Vanda Bonardo, presidente di CIPRA Italia (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi). “Chissà se negli atleti che sottoscrissero lo scorso anno la lettera alla FIS per richiamare l’attenzione sui cambiamenti climatici s’insinua il dubbio sul buon senso di quest’operazione?” di domanda retoricamente la Bonardo. “Questo grande luna park di alta quota riporta alla mente il gran ballo del Titanic, e non è retorica. Recenti studi ci raccontano di un tempo di 20-25 anni di sopravvivenza per lo sci da discesa nelle aree più in quota delle Alpi italiane ovvero quelle piemontesi e valdostane, per il resto delle montagne italiane finirà molto prima. Al di là del danno ambientale ci si domanda se in una sana economia ha senso che un’industria, per il bene del Paese necessariamente proiettata verso il futuro, insista con investimenti consistenti che non hanno speranza di futuro. Quella stessa industria che paradossalmente sta cercando di usare maggiori risorse naturali con l’intento di rendersi indipendente dalla natura”.

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