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Un limite per tutelare l’ambiente: nasce “una montagna sacra per il Gran Paradiso”

Un manifesto firmato da oltre 1.100 persone per impedire di salire sulla cima del Monveso di Forzo

«Un rapporto con la natura non solo di conquista, ma anche di rispetto». L’obiettivo è la sensibilizzazione e la tutela del Monveso di Forzo. E potenzialmente tutto l’ambiente montano. Nasce per questo motivo il progetto intitolato “Una Montagna Sacra per il Gran Paradiso”, un manifesto ideato per i cent’anni del Parco nazionale del Gran Paradiso, che ha già visto oltre 1.100 firmatari provenienti da tutta Italia. Nel documento si chiede che si eviti di salire sulla cima del monte alto 3.322 metri tra Piemonte e Valle d’Aosta.

E così, sabato 26 novembre, si è tenuto il primo convegno al Museo nazionale della montagna di Torino, per lanciare il progetto che invita a riflettere sulla necessità di una “transizione culturale” per far fronte alle grandi sfide globali che l’umanità è oggi chiamata a risolvere e sul ruolo che in ciò possono avere le aree protette.

Gli obiettivi del manifesto

Ci sono due concetti ritenuti centrali dal comitato promotore. Il primo è quello dell’invasività umana, che pervade ogni angolo del pianeta e della necessità di lasciare spazio agli altri esseri viventi. Il secondo è quello di “limite di conquista”, in una società segnata da velocità, competizione e scellerata crescita di consumo di risorse naturali, accumulo di rifiuti e degrado degli ecosistemi.

“Una Montagna Sacra per il Gran Paradiso” è un progetto nato dall’idea di Toni Farina (autore, già consigliere del parco nazionale e storico socio di Mountain Wilderness) e Antonio Mingozzi (professore associato di Zoologia all’Università della Calabria) che hanno così deciso di onorare i cent’anni del Parco nazionale Gran Paradiso con un’azione di alto profilo, che si spingesse oltre la mera celebrazione.

Le parole dei promotori

«Da ragazzo guardavo le montagne con il binocolo e vedevo che c’era sempre qualcuno sui sentieri – ha raccontato Mingozzi –. Allora l’idea è stata automatica: pensare di guardare le stesse montagne come se nessuno mettesse piede. Tutto un altro fascino. Vogliamo fare riflettere le persone sul fatto che il rapporto con la natura e gli altri esseri viventi non deve essere di conquista, ma di rispetto. E quindi lasciare loro, anche solo in maniera simbolica, una parte in cui noi non andiamo per nostra libera scelta, senza divieti, è un pensiero piccolo, ma rivoluzionario». 

L’idea del comitato promotore, quindi, non è limitare il turismo montano, ma renderlo più consapevole, rispettoso dell’ambiente e meno invasivo. «Ho aderito al progetto che non era nelle mie idee – spiega Alessandro Gogna, alpinista di fama internazionale, fondatore e garante di Mountain Wilderness –. Mi è piaciuta l’intenzione di suggerire che anche nel campo dell’alpinismo e degli appassionati di montagna ci possa essere una scelta non imposta di una limitazione quasi necessaria. Tutto ciò per continuare ad avere il diritto di andare in montagna, perché si sta riducendo quest’ultima a un supermercato».

I firmatari del progetto

Sono tantissimi i firmatari del manifesto: i più numerosi sono insegnanti, impiegati, soci di associazioni, amanti della montagna, ma anche scrittori, giornalisti, albergatori, agricoltori, operai e religiosi. 

C’è un gruppo eterogeneo tra cui ci sono anche associazioni (come il Club Alpino Italiano e l’Alpine Club di Londra), ma anche volti noti della montagna, come gli alpinisti Kurt Diemberger, Fausto De Stefani, Hervé Barmasse, Manolo e, appunto, Gogna. Con loro anche il climatologo Luca Mercalli, l’antropologo Duccio Canestrini, i giornalisti Paolo Rumiz, Michele Serra, Enrico Camanni, il regista Fredo Valla, i saggisti Guido Dalla Casa e Silvia Ronchey, gli scrittori Paolo Cognetti, Matteo Righetto, Tiziano Fratus, Daniela Padoan, Raffaella Romagnolo, gli attori Lella Costa, Giovanni Storti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) e Giuseppe Cederna, che ha partecipato al convegno, seppur in collegamento via internet.

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