Trekking all’Everest: una riflessione sull’importanza della discesa a piedi

Piramide, 18 maggio 2023. È ora di tornare a Kathmandu per gli importanti incontri ufficiali.

Lungo il percorso di discesa ripenso a questi giorni.

Questo inverno nel Khumbu è stato relativamente caldo e senza precipitazioni, che invece sono arrivate ad aprile con neve fino a Namche Bazar, a 3400 m. Siamo ai tropici, 28 ° di latitudine, come l’Egitto. Per salire da Periche alla Piramide di Lobuche si attraversa il possente torrente che scaturisce dal ghiacciaio del Khumbu, masse d’acqua paurose senza un percorso fisso. Deve essere stato freddo questa volta attraversarlo sui massi. Alla Piramide a metà maggio scendiamo ancora a -10 C°.

Ci sono tanti Indiani questa primavera, forza dei media: l’anno scorso una troupe Indiana ha girato un film nel Khumbu che ha avuto un successone di pubblico, alcuni di questi hanno deciso di venire di persona. Purtroppo, in molti hanno anche adottato una scelta per il trekking nel Khumbu che sta divenendo sempre più frequente: salgo con le mie gambe, scendo con l’elicottero.

L’importanza e la bellezza della discesa durante il trekking

Sfortunatamente, il paragone tra costi e tempi con elicottero e a piedi inquinano il rapporto col trekking e la sua completezza. Posso capire se sei malato o sfinito, ma altrimenti ti perdi qualcosa:

il trekking in salita ti mette un po’ a prova, non ci sono tappe pesanti, ma la quota pesa e l’organismo la subisce, bisogna metterci attenzione e sapere aspettare se il corpo lo chiede. Alla fine, ci sentiamo un po’ fragili ma felici, l’acclimatazione arriverà, ma sarà ora di scendere.

E quando scendi ti becchi una “botta di ossigeno” e stai sempre meglio, ti viene l’appetito, dormi, sei “high”.

Guardi le montagne della valle dall’alto e ne sei fiero, a 4100m di quota ricomincia la foresta di ginepro e poi larici e a seguire i rododendri e gli arbusti, tutto profuma vertiginosamente.

Attraversi villaggi curiosando, ai torrenti le donne sono piegate a lavare con l’acqua gelida, i bambini giocano con rondelle di gomma ricavate da camere d’aria di pneumatici tagliate a fettine.

La natura esplode attorno a te ogni metro che scendi. 

Tutto questo vale il tempo in più, e ti senti forte perché l’ossigenazione è superiore e si cammina forte senza fiatone.

Tutto diventa una sfida, anche il trekking

La psicologia sottostante è quella della “challenge”: voglio raggiungere quell’obiettivo a tutti i costi per dimostrare a me o qualcun altro che ne sono capace. Ma questo inquina e condiziona la capacità di gestire l’escursione/trekking. In Himalaya abbiamo oggi la paranoia per il masso al campo base dell’Everest, dove la gente va a farsi la foto. Il resto perde talmente importanza che vengono prese decisioni a mio avviso deliranti come il prenotare un elicottero per scendere. Sono salito con un gesto di amore verso la montagna? Allora perché devo fuggire, come se l’avessi violentata. Le discese hanno aspetti importanti paesaggistici e di fruibilità. Qui è solo in discesa che puoi stare “molto” bene: ti alimenti, dormi, non hai disturbi. La seduzione di una discesa veloce con l’elicottero verso la civiltà, le comodità e le cose inutili rovinano quella condizione magica che avevi raggiunto.

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