Troppo caldo, gli stambecchi diventano notturni

Uno studio condotto dallUniversità di Sassari rivela che gli stambecchi stanno diventando animali notturni, per ovviare alle condizioni di caldo che si incontrano durante le ore diurne. Una mutazione di comportamento che li espone a un maggio rischio di predazione.

Le Alpi hanno un nuovo animale della notte: lo stambecco. Sì, perché da specie diurna, a causa dell’aumento delle temperature causato dal riscaldamento globale, questa specie sta mutando i suoi comportamenti e spostando la sua attività di sera, quando il clima è più favorevole. Lo testimonia una ricerca condotta dall’Università di Sassari. Questa mutazione di comportamento, però, espone lo stambecco a maggiori rischi di predazione, soprattutto da parte dei lupi. La trasformazione comportamentale è stata osservata sia nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, dove i predatori sono presenti, sia nel Parco Nazionale Svizzero, dove ancora non ci sono.

Lo studio

Lo studio, guidato dalla dottoressa Francesca Brivio e dal professore Marco Apollonio del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari, con la collaborazione dell’Università di Ferrara e delle suddette aree protette, ha evidenziato un aumento dell’attività notturna correlato all’innalzamento delle temperature, senza distinzioni significative tra maschi e femmine, nonostante le differenze fisiche che renderebbero le femmine più vulnerabili ai predatori.

La ricerca solleva importanti questioni sulla gestione della fauna selvatica, evidenziando la necessità di adattare le strategie di censimento e di ridurre ulteriori fonti di stress per gli animali, come la presenza di turisti e il sorvolo di elicotteri nelle aree abitate dagli stambecchi.

Queste scoperte assumono un’importanza ancora maggiore alla luce dei dati provenienti dal Parco del Monviso, dove l’ultimo censimento annuale ha rivelato una diminuzione del numero degli stambecchi. Dal 2016, anno di istituzione dell’Ente di Gestione delle Aree Protette del Monviso, si è registrata una flessione nella popolazione di questi animali, scendendo da una media di circa 170 esemplari degli ultimi otto anni a 148 nel 2024, ben al di sotto del picco di 207 individui del 2022.

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