Asia: le montagne dell’Himalaya sono quasi senza neve

Un inverno anomalo, quello che si sta per concludere in Himalaya, dove le montagne hanno registrato temperature sopra la media e una scarsità di neve allarmante.

L’Himalaya, nota anche come “terzo polo” per le sue vaste riserve d’acqua ghiacciata, superate solo dalle calotte polari, sta affrontando un inedito inverno caldo. Ad allarmare è soprattutto la scarsità di neve sui suoi monti. Le vette dell’Hindu Kush, parte integrante di questa catena montuosa, sono infatti quasi del tutto spoglie del loro tipico manto bianco. Questo inverno atipico, caratterizzato da basse precipitazioni, è la cartina tornasole dei cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno colpito la regione, causando danni significativi su vari aspetti ecologici e socio-economici.

Il ruolo della neve e dei ghiacciai

La riduzione della superficie dei ghiacciai himalayani, stimata attorno al 40% dalla Piccola Era Glaciale, e l’accelerazione della loro fusione colpiscono circa un miliardo di persone che dipendono dai fiumi alimentati dai cicli naturali di fusione delle nevi e dei ghiacciai di queste vette. I fiumi regionali, tra cui l’Indo, il Gange e il Brahmaputra, sono vitali per l’irrigazione agricola, l’acqua potabile e l’energia idroelettrica nelle regioni a valle, tra cui India, Pakistan e Nepal.

La neve, oltre a svolgere una funzione idrologica cruciale, agisce come una copertura protettiva per le colture in letargo durante i mesi invernali, contribuendo alla salute del suolo e prevenendone l’erosione. La sua assenza non solo compromette la disponibilità idrica, ma incide anche negativamente sull’agricoltura e l’agroforesteria, con possibili conseguenze disastrose per le popolazioni locali che dipendono fortemente dai raccolti per la loro sopravvivenza.

Gli effetti sul turismo

L’impatto della mancanza di neve, però, si estende oltre l’agricoltura, colpendo anche il turismo, un altro pilastro economico per le comunità himalayane. Le attività invernali, come lo sci e l’alpinismo, hanno subito forti contraccolpi, un dato che ha compromesso entrate e sostenibilità delle economie locali.

Le cause di questa stagione anomala

Questi cambiamenti locali sono in parte attribuibili a fenomeni globali come l’aumento delle temperature medie e le variazioni nei modelli climatici, tra cui l’azione di La Niña ed El Niño, fasi opposte del ciclo naturale “El Niño-Southern Oscillation” (ENSO), durante il quale le temperature superficiali oceaniche (SST, Sea Surface Temperature) della zona centrale e orientale del Pacifico equatoriale fluttuano tra valori più caldi (El Niño) e valori più freddi (La Niña) rispetto alla media di lungo termine, fenomeni che alterano significativamente la “Western Disturbance”. Quest’ultima, un importante fattore meteorologico che origina dal Mar Mediterraneo e si sposta verso l’Himalaya, è cruciale per l’apporto invernale di neve nella regione. La sua alterazione incide direttamente sulle precipitazioni e, di conseguenza, sull’accumulo di neve, fondamentale per l’alimentazione dei ghiacciai e la regolazione idrica.

Inoltre, i cambiamenti nella copertura nevosa influenzano i modelli meteorologici regionali, inclusa la tempistica, la forza e la durata dei monsoni estivi, che sono vitali per la stagione agricola. Gli ultimi anni hanno visto monsoni prolungati e più intensi nell’Himalaya orientale, con inondazioni e frane devastanti, soprattutto in Nepal, mentre più a nord si osservano cambiamenti nei cicli delle precipitazioni, con piogge al posto delle tradizionali nevicate.

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