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- Aprile 12, 2023
- 10:35 am
L’intelligenza artificiale ci può aiutare a scoprire il clima del passato
Unire l’intelligenza artificiale per comprendere meglio il clima è l’obiettivo del progetto europeo ICE LEARNING
Il progetto ICE LEARING promosso dall’Unione Europea nell’ambiento dell’iniziativa HORIZON 2020 ha l’ambizione di studiare le particelle insolubili (come quelle vulcaniche o di gas) intrappolate in carote di ghiaccio e sfruttare l’intelligenza artificiale per creare modelli volti a ricostruire la storia paleoclimatica terrestre. La ricerca prevede di ottenere una soluzione che oltrepassi i metodi tradizionali rendendo più accessibili i dati dell’evoluzione del clima. Vuole essere un elemento rivoluzionario per la scienza dello studio del ghiaccio e della geologia marina.
Come si ottengono le informazioni sul clima?
Studiare il clima del pianeta Terra è una delle grandi sfide di questo secolo. Per riuscire a definirne le caratteristiche, l’evoluzione e così pianificare strategie per il futuro è importante avere un quadro ampio delle interazioni tra le parti che compongono il clima: atmosfera, oceani e la biosfera con particolare attenzione all’effetto dell’Uomo. I dati che abbiamo oggi(di temperatura e precipitazioni ottenuti da stazioni meteorologiche) sono al massimo di trecento anni non sufficienti per ricostruire l’intera storia climatica e le sue variazioni. È necessario quindi andare ancora più indietro per avere informazioni inoltre che non siano contaminati dall’attività umana. Servono delle serie di dati che siano continue, senza interruzioni e che ci permettano di ricavare parametri come la temperatura. Ma quindi cosa si analizza per riuscire ad accedere a queste informazioni? Partiamo dal vino. Proprio dalle differenze sulle attività agricole delle vendemmie dei conventi principalmente, Le Roy Ladurie è riuscito a raccontare la storia climatica dell’Europa centro-settentrionale. Poi la scienza del clima ha ritrovato una risorsa più sicura e affidabile: gli archivi climatici naturali. Così studiando gli anelli di alcune piante arboree si è aperta la strada alla dendroclimatologia per poi passare allo studio del ghiaccio a diverse migliaia di metri di profondità.
Il progetto
La risorsa che più efficacemente riesce a fornire dati completi e con è possibile ottenere informazioni del passato è lo studio dei cumuli di acqua solida nei ghiacciai. In particolare si può studiare cosa rimane intrappolato e le sue caratteristiche. Il gelo svolge la sua funzione di conservazione quindi se non avviene la fusione ( come per i ghiacciai polari o di alta quota) è possibile trovare informazione del nostro passato da un punto di vista chimico, fisico e riuscire analizzare la composizione dei gas e definire meglio l’atmosfera e i suoi cambiamenti. Ad oggi la rivelazione e studio di particelle dentro il ghiaccio avviene perforando i ghiacciai tramite carotaggi oltre i 3000m( ottenendo le cosi dette carote di ghiaccio appunto) e analizzandone le caratteristiche attraverso sessioni di microscopia ottica manuale e classificandone le differenze visibili. Il progetto ICELEARNING ha l’obietto di sviluppare una tecnica nuova e versatile di riconoscimento automatico di particelle insolubili all’interno di carote di ghiaccio. Come? Sfruttando l’intelligenza artificiale.
Con ICELERANING si vuole andare oltre quello che è stato il progetto EPICA(1999-2004) grazie al quale è stato possibile analizzare per la prima volta materiale contenenti gas di quasi 800.000 anni fa. A partire da queste carote di ghiaccio si vuole studiare in particolare le particelle insolubili quelle costituite da materiale vulcanico, materiale biologico o di organismi marini. Quindi attraverso il microscopio si acquisiscono le immagini a scala micrometrica di campioni liquidi(emergeranno le particelle scure nel liquido trasparente), metodo utilizzato anche per l’analisi dell’acqua potabile e poi le immagini cosi acquisite vengono raccolte ed elaborate da un’intelligenza artificiale. Definendo a monte le categorie di possibili particelle si desidera sviluppare un algoritmo che da un lato sappia mettere nella giusta categoria le particelle rilevate (per dimensione, forma e intensità di colorazione) e allo stesso tempo che sia capace di definire la presenza di un’anomalia. Un studio, questo che potrebbe ridurre in modo significativo oltre che implementare e ottimizzare il lungo lavoro manuale umano di analisi di microscopia ottica.
Crediti immagine: ICELERANING.net
[…] 13 Aprile 2023 2 […]