COP15: convenzione sulla diversità biologica. Le sfide

Conferenza delle Parti (COP15) della convenzione sulla diversità biologica dal 7 al 19 dicembre a Montreal, in Canada

Nei prossimi giorni in Canada ci sarà l’incontro conclusivo della COP15, già rimandata per via dell’emergenza sanitaria COVID19 e ripresa poi nel corso del 2022. Si parlerà e si definirà il piano strategico del prossimo decennio, il post-2020 global biodiversity framework, ovvero una serie di obiettivi e impegni per i diversi Paesi da rispettare a livello individuale e collettivo per proteggere la biodiversità. Nonostante la poca attenzione mediatica e dalle istituzioni la conferenza ha estrema importanza perché affronta il tema della biodiversità, essenziale per la salvaguardia del benessere del Pianeta e della vita umana.

Sarà davvero la svolta per azione concrete per la tutela della biodiversità?

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Biodiversità: cosa significa davvero?

In natura, la biodiversità si riferisce alla varietà di organismi viventi presenti sulla Terra. Questa varietà include tutti gli organismi di tutti i livelli, dalle minuscole bacterie agli enormi mammiferi. La diversità degli organismi è una delle principali fonti di resilienza dell’ecosistema, in quanto permette agli organismi di adattarsi a cambiamenti ambientali e alle condizioni avverse.
La biodiversità ha anche un valore intrinseco, poiché ogni specie è un pezzo unico del puzzle che compone il nostro pianeta. La perdita di una qualsiasi specie può portare a conseguenze imprevedibili per l’ecosistema nel suo insieme. Purtroppo, la biodiversità sta diminuendo rapidamente a causa dell’azione dell’uomo. I cambiamenti climatici, la deforestation, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali sono solo alcune delle minacce.

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COP15: le criticità

A poche settimane dalla fine della Conferenza della Parti sui cambiamenti climatici (COP27) tenuta a Sharm El Sheikh e con risultati non così soddisfacenti questa convenzione sulla diversità biologica è di grande interesse per la comunità scientifica e su cui si sperano risultati incoraggianti.
L’ultimo appuntamento nel 2010 a Nagoya in Giappone aveva posto le basi e l’obiettivo di dimezzare la perdita di habitat oltre che espandere le aree protette ma nessuno degli obiettivi è stato raggiunto anzi la situazione è in peggioramento. C’è quindi la preoccupazione che non sarà trattato il tema adeguatamente e che si rimandi ancora una dei problemi che affliggono la saluta della Terra e inevitabilmente l’uomo.
Recenti studi affermano che negli ultimi 20 anni la pressione antropica ha osservato una crescita continua: quasi 2 milioni di chilometri di aree protette sono state convertite ad uso industriale e agricolo, soprattutto in stati come la Cina. Diversi sono i biomi e gli habitat (foreste tropicali, zone costiere, tundra) in declino osservando i dati delle mappe della Wild life Conservation Society, proprio a causa dell’intensivo sfruttamento delle risorse. Si dovrebbe in questa sede discutere quale strategia intraprendere verso il 2030 per proteggere la biodiversità e come gli ecosistemi danneggiati possano essere riparati e portare un avanzamento per l’obiettivo principale di questi tempi: cercare di vivere in armonia con la natura.

COP15: gli obiettivi per il futuro

La discussione verterà principalmente sulla definizione di strategia per quattro obiettivi da raggiungere entro il 2050 in cui spicca la conservazione, uso sostenibile delle risorse e definire azioni pratiche per il raggiungimento dei 22 target dell’Agenda di Sviluppo Sostenibile, primo tra tutti quello legato all’espansione delle aree protette. Una questione spinosa quella delle aree protette: da un lato l’obiettivo è quello di puntare al target 30×30 cioè proteggere il 30 per cento di aree marine e 30 per cento di terra dall’altro alcune organizzazioni sottolineano una non praticità di questa soluzione perché potrebbero comportare conseguenze negative su popolazioni indigene che è riconosciuto che già svolgono un ruolo di protezione degli habitat con il loro modello di vita.
La convenzione sulla diversità biologica vedrà decine di delegati provenienti da tutto il mondo con la partecipazione di una serie di minoranze per un approccio più inclusivo e partecipativo. Le negoziazioni però sembra facciano fatica a proseguire per via della mancanza di finanziamenti in quei paesi più poveri aggiungendosi spesso alla volontà di non cambiare paradigma cioè non modificare l’atteggiamento nei confronti delle risorse e il loro utilizzo.

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Le sfide per la biodiversità

Da un lato si stanno facendo passi enormi su una maggior considerazione della biodiversità e del suo ruolo, al pari dei cambiamenti climatici.
I due temi non sono separati, anzi, tutelare la biodiversità è parte integrante alla lotta contro il declino climatico. Dall’altra parte però la concretezza nelle azioni tarda ad arrivare. La perdita di specie animali e vegetali continuerà, e dovremmo farcene una ragione ma capire come arrestare, o meglio rallentare questo processo (perché l’incidenza è quasi diretta di questi fenomeni nelle nostre vite e per quelle delle generazioni future) è essenziale. La perdita di una specie genera una sorta di rottura nell’ingranaggio, generando spesso danni da cui non si può tornare indietro.
La sfida, quindi, rimane aperta per questa COP15 e che non sia un proseguimento di una situazione di stallo che continui a ritardare la svolta sul tema. La sfida però, è anche per tutti i Paesi, l’invito è verso un miglior recepimento delle iniziative e strategie che verranno delineate, oltre che un maggior impegno nel riconoscere sui propri territori l’importanza di un cambio di paradigma nel nostro modo di vivere sulla Terra.

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