Crediti immagine: archivio Benjamin Védrines

“Ueli Steck ha rivoluzionato l’alpinismo e mi ha ispirato”. Benjamin Védrines e il record sull’Integrale di Peutérey

6 ore e 51 minuti per compiere una straordinaria cavalcata in cresta lungo l’Integrale di Peutérey. È questo il tempo fatto segnare dall’alpinista francese Benjamin Védrines, che in questa intervista svela di essersi fatto ispirare da Ueli Steck, oltre e fornirci molti altri dettagli sull’ascensione.

Si è ispirato a Ueli Steck lo scalatore francese Benjamin Védrines, quando ha immaginato per la prima volta di salire in velocità l’Integrale di Peutérey, la più celebre cresta del Monte Bianco. Alla fine ci è riuscito in sole 6 ore 51 minuti, segnando il nuovo record lungo questa linea storica e affascinante che nel corso degli anni ha visto molti alpinisti cimentarsi nel tentativo. Tra questi il già citato Ueli Steck ma anche Jean-Marc Boivin, François Cazzanelli e Andreas Steindl e altri.
Oggi Védrines, con un risultato che sbalordisce: meno di 7 ore per compiere l’intera cresta, fino al punto più alto del massimo, a 4810 metri di quota. “Anni fa non avrei potuto immaginare di potermi cimentare con un progetto del genere” ci ha raccontato Benjamin. “Tenere un ritmo costante, per così tanto tempo… poi sono maturato e negli ultimi anni ho iniziato a chiedermi se fosse stato davvero impossibile”. Era tempo di scoprirlo. Ma lasciamo che a raccontarci quei momenti sia Benjamin attraverso la sua testimonianza.

Benjamin, quando hai iniziato a immaginare questo progetto?

Non ricordo esattamente. L’integrale di Peutérey è molto conosciuta in Francia e, dato che mi sono interessato al massiccio del Monte Bianco fin dai primi giorni della mia formazione come guida alpina, ho gradualmente compreso che si trattava di una delle vie principali del massiccio. Poi ho letto la storia di Alain Ghersen, con la diretta americana al Dru, la Walker alle Grandes Jorasses e ancora l’integrale al Monte Bianco… tutto in solitaria!

Sappiamo che a ispirarti non è stato solo Ghersen, ma anche Ueli Steck…

Ovviamente! Ueli Steck è stato come un faro, ma al tempo per me non era pensabile fare qualcosa di simile, impegnarmi così, a un ritmo costante lungo un percorso impegnativo come questo.

Poi?

Sono maturato, ho scalato vie in solitaria nel massiccio degli Écrins e circa tra o quattro anni fa ho cominciato a riflettere seriamente su questa idea dell’Integrale.

Toglici una curiosità: sei partito con l'idea di stabilire il nuovo record?

In realtà, non c’è un record vero e proprio, almeno ai miei occhi.

Come mai?

Perché non esiste un’ascensione comparabile, da nessun punto di vista. Il mio punto di partenza è diverso da quello scelto da Jean Marc Boivin per la sua ascensione e anche da quelli scelti dagli altri salitori in velocità. Poi, i metodi di rifornimento sono stati diversi rispetto a quelli utilizzati durante l’ascensione di Kilian Jornet lungo la cresta est (lui ha portato tutto con sé, fin dalla partenza). Ueli Steck si è cronometrato per la salita e la discesa e ha anche detto che non puntava a un record.
Il mio obiettivo era essere il più veloce possibile quel giorno. Sono felice di aver fatto un tempo che ha impressionato la comunità alpinistica e soprattutto me stesso, perché come ho detto prima, 10 anni fa non mi sentivo in grado di farlo.

Ci stai quindi dicendo che non esiste un record!

Se i metodi diventassero identici a quelli utilizzati per i record nel trail, chi verrà dopo di me potrebbe immaginare di scendere sotto le 5 ore. Ma, a questo punto viene spontanea una domanda: dal punto di vista etico sarebbe ancora alpinismo inteso per i mezzi utilizzati, per lo spirito messo in campo?

Crediti immagine: archivio Benjamin Védrines

Vuoi provare a risponderci tu?

Per quanto mi riguarda, ho lasciato l’attrezzatura in cima alla Noire.
In ogni caso, la cosa più importante per me era dare il massimo, raggiungere quel livello di concentrazione e controllo che ti fa vibrare e provare sensazioni incredibili.

Torniamo alla tua salita. Quanto tempo hai impiegato per pianificare l'ascensione?

Ho iniziato a pianificare questo progetto seriamente durante l’inverno. Sono poi partito per il Pakistan, senza però avere ben chiaro se la mia condizione fisica al rientro mi avrebbe permesso di compiere la scalata oppure no. L’unica cosa certa era che il periodo migliore sarebbe stato nel mese di luglio, preferibilmente nella seconda metà.

Come mai hai scelto questo periodo?

Solitamente in quel periodo si hanno le condizioni migliori. Poi ho cercato moltissime informazioni, grazie ad amici guide alpine, forum online e altri canali. È stato necessario anche un periodo di bel tempo affinché altre cordate intraprendessero l’itinerario, così da avere tracce e feedback in diretta sul mio percorso.

Crediti immagine: archivio Benjamin Védrines

Alla fine, che condizioni hai trovato in montagna?

Generalmente molto buone. La Noire de Peutérey era asciutta, tranne l’ultimo. Les Dames Anglaises erano molto asciutte. Poi la cresta di neve per arrivare al ghiacciaio di Peutérey era in buone condizioni con una buona traccia.
La mia grande preoccupazione era il Great Corner Pillar. Avevo visto foto recenti e risultava molto più asciutto rispetto alla mia ultima visita, tre anni fa.

Conoscevi bene tutto l’itinerario?

No, ma sono stato fortunato. In molti punti erano passati molti alpinisti, c’erano tracce ben marcate. La cresta di Peutérey era invece molto ben innevata. In alcuni punti ho trovato ghiaccio, ma tutto sommato era fattibile. Altre volte invece affondavo con i piedi nella neve soffice.

Come ti sei sentito quando hai fermato il cronometro?

Sinceramente non pensavo che sarebbe stato possibile impiegare meno di 7 ore. Al massimo avevo previsto le 7 del mattino, ma quel giorno, dato il mio stato fisico, avevo previsto di arrivare tra le 8 e le 10 del mattino. Quando ho fermato il cronometro mi sentivo in ottima forma e sono stato davvero felice della mia ascensione. È andato tutto bene, sono stato attento e sono riuscito a raggiungere il mio obiettivo.

Hai detto di esserti ispirato a Ueli Steck, quale ruolo ha avuto la "swiss machine" nello sviluppo della tua passione alpinistica?

È una domanda che richiede una lunga risposta, ma per farla breve: Ueli ha rivoluzionato l’alpinismo della sua generazione. Ha effettuato salite in solitaria, in velocità, mai viste prima. Inoltre, era incredibilmente versatile: sulle Alpi, in Himalaya, con scalate super tecniche e sulle pareti in modalità ultraveloce. Ha superato molte barriere psicologiche e mi ha ispirato attraverso il suo modo di vedere la montagna e di muoversi.

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