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Crediti immagine: Michal Mrozek via unsplash

Emergenza neve: la neve artificiale non è la soluzione

Dai dati del rapporto di Legambiente emerge che quasi 90% delle piste di sci alpino ne è dipendente e non può fare a meno della neve artificiale ma questo comporta enormi costi energetici e di risorse.

All’inizio del mese è stato presentato il report di Legambiente NEVEDIVERSA 2023 che vuole portare all’attenzione di tutti le conseguenze dell’estrema crisi idrica sugli sport invernali come lo sci alpino. Un lavoro che indaga lo stato attuale dei comprensori sciistici italiani e le soluzioni adottate ad oggi.  Dall’intreccio di studi sulla correlazione tra crisi climatica e flussi turistici, una mappatura degli impianti presenti tra quelli dismessi e quelli attivi davvero emerge un quadro preoccupante per il turismo montano ma sembrano esserci alcune strategie per un possibile cambio di rotta come il progetto europeo BeyondSnow.

Le temperature aumentano e mettono a rischio la prima economia di montagna: lo scii alpino

Il 2022 è stato l’anno più caldo in Italia e il secondo per tutto l’Ovest e Sud-Ovest europeo, riporta Legambiente. Un anno che ha visto un incremento continuo delle temperature medie in modo particolare nelle zone montane che è quasi il doppio che nelle aree urbane come riporta uno studio condotto da OBC Transeuropa per European Data Journalism Network. 

A questo si aggiunge un deficit di precipitazioni del 30% (osservato dalle analisi del CNR-ISAC) che ha intensificato l’evapotraspirazione da suoli e vegetazione e portato a sperimentare condizioni di siccità che non si verificavano da oltre due secoli. Quest’anno la situazione continua a non migliorare sia sulle Alpi che sugli Appennini. Si registra una carenza di neve del 50% in meno su tutto l’arco alpino che ha comportato una riduzione di circa il 61% del flusso d’acqua nel fiume Po’. La mancanza di precipitazioni sta attraversando diverse regioni italiane, tra cui Piemonte, Friuli Venezia-Giulia Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna rendendo così più difficile separar la crisi idrica da una imminente crisi del turismo montano.

L’aumento delle temperature sta da anni ormai mettendo in crisi quasi irreversibilmente lo sci alpino perché se non c’è neve non ci sono le piste. Le perdite economiche associate alla riduzione delle attività dei comprensori sciistici sono sempre più elevate e la resilienza delle comunità montane è sempre minore. Se ci troviamo in questo stato è perché fino ad ora non si sono prese delle decisioni concrete e pensate delle politiche davvero ambiziose per sostenere l’economia montana. Massicci investimenti, pubblici e privati sullo scii hanno provocato una desertificazione produttiva negli anni e ridotto al minimo lo sviluppo di altri settori rendendo gran parte del territorio italiano dipendente da una risorsa, la neve, che sta iniziando a scarseggiare. 

 

La soluzione oggi è sparare neve artificiale ma la richiesta d’acqua e di energia è elevata

La grande difficoltà  oggi davanti a questa enorme crisi sta nel  trovare nuove idee, volontà politica e di comunità per convertire questa economia ad altro. Cosa ne sarà dei comprensori, delle strutture ricettive e in generale del destino dello sci alpino, uno sport praticato da quasi 2milioni di persone?

Ad oggi la soluzione per tamponare la mancanza di neve sono la costruzione di invasi artificiali e utilizzo di cannoni sparaneve. Legambiente ha mappato quasi 142 invasi utilizzati per la produzione di neve artificiale. La prima sorgente di acqua per la produzione di neve artificiale sono torrenti e fiumi. Successivamente viene sfruttata l’acqua piovana con i bacini artificiali. Ma tutto questo ha diversi aspetti negativi da considerare. Da un lato il sovrasfruttamento dei corsi d’acqua li rende sempre più fragili dall’altro gli invasi artificiali incrementano l’erosione dei suoli.

Dall’analisi di Legambiente emerge che ad oggi quasi il 90% degli impianti sciistici italiani è in funzione grazie ai cannoni sparaneve. Negli anni 80’ veniva integrata (spesso in situazioni di emergenza) a quella naturale ma oggi è invece il presupposto indispensabile. Ma questa soluzione può sostenere l’economia delle montagne italiane? Secondo Legambiente non può essere la soluzione. Sebbene sembra essere la strategia nel breve termine più efficace per il sostentamento del turismo e per non far collassare l’economia delle comunità montane, dall’altro la crisi energetica e climatica sta portando a galla una serie di criticità sulla questione.

La questione economica

Da un lato è una questione economica, infatti, per la produzione di neve, al metro cubo si è registrato un aumento di circa 2-4 volte il prezzo precedente la crisi energetica. Inoltre, il problema come riporta il report è anche sul piano delle risorse. È stato stimato che per coprire i 24miliaettari di piste da scii italiane (creando uno spessore base di 30 cm di neve utile per praticare l’attività) è necessario un consumo di acqua di circa 96milioni di metri cubi che equivalgono al consumo idrico di un anno per una città come Milano circa. A questo dobbiamo aggiungere l’elevata richiesta energetica per il funzionamento dei cannoni (circa 1400 GWh per coprire un ettaro circa). Ma dobbiamo ricordare che siamo in mezzo a un’importante crisi idrica.

Sostenere un modello di turismo così organizzato richiede una spesa che sarà sempre maggiore, che richiederà sempre più acqua, nuove infrastrutture e sempre più resilienti. Seppur la tecnologia sembra darci una mano nella risoluzione di queste situazioni, il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, sottolinea come sia indispensabile però un cambio di rotta perché è bene riflettere sull’utilizzo delle sempre minori risorse a disposizione. Serve un nuovo modo di ripensare lo sport in montagna anche perché se le temperature continuano ad aumentare sarà impraticabile anche l’innevamento artificiale.

Buone e cattive idee per salvare l’economia montana

Seppur emergono tutti gli elementi per capire che in questa direzione non si può proseguire Legambiente riporta una lunga lista di proposte e progetti totalmente anacronistici con gli obiettivi di contrasto alla crisi climatica come il tunnel per sciare tutta l’anno sulle montagne  in Emilia Romagna, all’aeroporto per droni a Cortina. A questo però si contrappone un elemento che fa ben sperare, il progetto BeyondSnow cofinanziato dall’Unione Europea tramite il programma Interreg Alpine Space, lanciato con l’obiettivo di aumentare la resilienza delle comunità montane. Il progetto vuole proporre a operatori turistici, imprenditori, amministrazioni comunali soluzioni alternative di sviluppo turistico attraverso uno strumento digitale ad accesso gratuito. Tramite l’intelligenza artificiale una mappa interattiva li aiuterà a intercettare le soluzioni da adottare per il mantenimento dell’economia del luogo e nel rispetto dell’ecosistema montano.

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