Cuccioli orsa Amarena, il parco: “Stanno bene, non avvicinateli”

Avvistati più volte e continuamente monitorati, i cuccioli dell’orsa Amarena stanno bene. Il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e i Carabinieri Forestali sono al lavoro per garantirne la sopravvivenza come orsi liberi.

L'orsa Amarena con i suoi cuccioli. Foto Facebook PNALM
L'orsa Amarena con i suoi cuccioli. Foto Facebook PNALM

Monitorati dal personale del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (PNALM) e dai Carabinieri Forestali, i due cuccioli dell’orsa Amarena, uccisa a fucilate lo scorso 4 settembre, sembrano essere in buona forma. Dopo aver inizialmente pensato di catturare i piccoli perché, per ben due giorni hanno continuato a rimanere nella zona di San Benedetto dei Marsi. Molto probabilmente erano spaventati e cercavano la loro mamma. Una cattura avrebbe permesso di riportarli nel territorio del parco, rappresentando quello che il parco stesso ha definito come “male minore”. Dall’altra parte la soluzione sarebbe stata quella di lasciarli vagare in una zona fortemente antropizzata e ricca quindi di possibili pericoli, specialmente per due cuccioli di orso spaventati. Il PNALM attraverso un lungo post ha provato a spiegare al meglio il concetto di “male minore” e l’importanza di garantire ai due orsetti un futuro libero. Un futuro libero per gli orsi e delle semplici regole da rispettare da parte dell’uomo per non intaccare la vitalità dei due cuccioli, già in difficoltà vista la loro attuale condizione. Per questo il parco chiede di mettere da parte la curiosità spasmodica, rinunciando a qualunque idea di andare a vedere come e dove stanno e di non intralciare in alcun modo le operazioni di monitoraggio. In caso di avvistamento fortuito, non tentare per alcun motivo di avvicinarsi ai cuccioli ma segnalare prontamente il luogo al Servizio di Sorveglianza del Parco (Tel 0863/9113241) o ai Carabinieri (Tel 112)”. E ancora di procedere a bassa velocità lungo tutte le strade, prevendo possibili incidenti.

Cosa si intende con “male minore”?

“Gli orsi sono animali selvatici e soprattutto nei cuccioli è bene che le manipolazioni, da parte degli uomini, avvengano il meno possibile per evitare abituazione. Catturarli significa vicinanza alle persone, anche solo in termini di odore e questo rafforzerebbe quello che mamma Amarena aveva iniziato (cioè, la mancanza di diffidenza verso l’uomo). Nel momento in cui ci si è accorti che, da soli, si erano spostati dal Fucino ed erano tornati nei confini del Parco, un’area naturale idonea e tranquilla, la scelta è stata quella di continuare a monitorarli ma di lasciarli provare, soprattutto perché sono in due, a vivere in libertà, rispettando la loro natura di animali selvatici.

Le scelte che si fanno seguono delle logiche scientifiche, razionali e mirate a fare sempre il bene degli orsi. Nei prossimi giorni, se ci accorgeremo di qualcosa che non va, gli interventi cambieranno ulteriormente.

Qualcuno ha addirittura chiesto che vengano messi in cattività per evitargli qualsiasi problema. Troviamo questa soluzione non solo irresponsabile ma eticamente inutile per una popolazione come quella dell’orso marsicano. Questi cuccioli hanno circa 8 mesi, una età, se parliamo di orsi, a cavallo tra l’essere quasi indipendente ed essere ancora un cucciolo e questo rende il tutto ancora più complesso. Quello che dobbiamo sperare, essendo ben consapevoli che il 50% di cuccioli di orsi, anche con la mamma non supera il primo anno di vita, che riescano a superare indenni, proprio questo primo anno di vita”.

Perché è importante assicurargli un futuro libero?

“Manipolarli, catturandoli, tenendoli un po’ in cattività per farli aumentare di peso, per poi rimetterli comunque in libertà, anche ora che stanno provando a cavarsela da soli, comporta un ulteriore serie di problemi che si sommerebbero a quelli che già esistono in natura per i cuccioli, al primo anno di vita. Se saranno invece in grado di farcela, potranno fornire il loro patrimonio genetico alla popolazione di orsi e il sacrificio della loro mamma non sarà andato perso. Ovvio che noi stiamo continuando a monitorarli ogni giorno. Se invece per evitargli qualsiasi possibile pericolo, come alcuni ci stanno chiedendo, li condanniamo ad una vita in cattività catturandoli e mettendoli in gabbia, servirà solo a noi umani per mettere a tacere le nostre coscienze pensando che sono vivi, ma la cattività non aiuterà, in termini genetici, la popolazione di orsi marsicani e li condannerà a una vita che nessun animale selvatico vorrebbe.

È doveroso visto che stiamo dando informazioni puntuali sul nostro operato e anche su quello che ad alcuni è sembrato un controsenso richiamare l’attenzione di tutti ad un altro paio di riflessioni:

– Amarena, così come Juan Carrito sono stati tra gli orsi più famosi del Parco che hanno avuto la capacità, da una parte, di portare al grande pubblico, il tema della conservazione dell’orso bruno marsicano che senza questi due testimoni sembrava esistesse solo per gli addetti ai lavori e qualche appassionato, ma dall’altra parte hanno polarizzato tutta la discussione sui singoli individui, facendo perdere completamente il quadro generale della complessità di conservare una specie così emblematica che ha bisogno di conoscenze e impegno da parte di Enti e cittadini volenterosi, in grado di fare scelte anche difficili e controcorrente per permettere, agli orsi di espandersi e ricolonizzare quei territori dell’Appennino che diverse centinaia di anni fa utilizzavano.

– A nulla sono valsi tutti i nostri appelli degli ultimi anni, quando abbiamo chiesto a tutti (curiosi, locali, fotografi, turisti, guide) di fare un passo indietro e di non postare, inseguire, fotografare e fare video di questi orsi confidenti (soprattutto rispetto proprio ad Amarena e Juan Carrito) in modo da non attrarre sempre tante persone nei luoghi di passaggio (spesso dentro i paesi) di questi orsi. Amarena prima (solo perché era più anziana), e Juan Carrito poi, sono stati vittima di una pressione umana, neutrale, infinita. Entrambi hanno percepito le tante persone intorno a loro, per giorni e mesi come persone “buone” cioè che non gli avrebbero fatto mai nulla. Questo è vero, ma come poteva Amarena, abituata a questa neutralità, capire invece, vedendo colui che poi l’ha sparata, che non era uno “buono”?

Quando diciamo che per il loro bene gli orsi devono continuare a temerci è esattamente questo il motivo; loro non sono in grado di distinguere chi li ama dà chi li odia. Questa però, lo capiamo bene, è una riflessione profonda ed etica che cozza con il ‘mondo social’ che abbiamo costruito.

Detto questo, il Parco segue una strategia dettata dalla scienza che per sua natura è adattativa, visto che ci confrontiamo sempre con i maggiori esperti di orso nel mondo. Biologi, veterinari, guardiaparco e tutte le altre persone che nel Parco lavorano per gli orsi, sono professionisti che seguono questi animali da più di 30 anni, durante il giorno e anche durante molte notti, agendo secondo protocolli operativi approvati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dall’ISPRA, con cui il confronto è continuo.

Le decisioni gestionali che siamo tenuti a prendere non sono affatto facili esattamente per la complessità degli ecosistemi naturali e le variabilità in gioco che abbiamo appena spiegato, ma non ci siamo mai tirati indietro, consci della responsabilità che abbiamo in carico. Abbiamo sempre comunicato con trasparenza, tempestività e scientificità tutto quello che abbiamo fatto, anche quando le decisioni potevano risultare impopolari proprio perché la semplificazione di ciò che è complesso non può e non deve appartenerci”.

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