Cosa succede sugli 8000?

Record di velocità, corse folli inseguendo tempi da cronometro senza guardare allo stile e all’etica. Spedizioni commerciali ormai diffuse su tutti e 14 gli Ottomila. Cosa sta succedendo ad altissima quota? L’editoriale di Maurizio Gallo

Da sempre la salita agli 8000 è stato terreno di competizione, di chi arriva primo, di chi è più veloce, di chi sale tutti i 14 per primo, e via così per anni. Finché le cose sono rimaste nel segno della “sana” competizione questi “conquistatori dell’inutile” come Lionel Terray definiva gli alpinisti, tutto era accettabile anche se fin da subito apparivano evidenti delle fratture fra quanto veniva riportato e la realtà: cima o non cima, ossigeno o non ossigeno, autonomia o supporto degli sherpa. Quello che poteva apparire: alpinismo come traccia di purezza e un mondo di sincerità e lealtà, iniziava già da tempo a mostrare profonde crepe e punti oscuri.

Invece di essere una occasione di ricerca, di avventura, di confronto con sé stessi, di capacità di conoscere la montagna, di interpretare con attenzione i messaggi che ci manda, di capacità tecnica e di valutazione dei rischi che l’alpinismo inevitabilmente comporta, abbiamo assistito a un progressivo degrado che sta raggiungendo livelli sempre più deteriori e inaccettabili.

Il concetto di record

Si sono iniziati a vedere i record sul tempo di salita all’Everest prima di stranieri poi evidentemente dagli sherpa, poi la rincorsa al salitore più giovane, alla prima donna, poi a quello più anziano, il tutto moltiplicato per le diverse nazionalità.

Il concetto di “record” va associato al mondo dello sport dove si compete su un percorso e con condizioni uguali per tutti: è chiaro e assodato che andare in montagna non è assolutamente uno sport quindi è già assurdo utilizzare un simile approccio.

Negli ultimi anni le spedizioni commerciali gestite da agenzie quasi esclusivamente nepalesi si sono estese dall’Everest a tutti gli altri Ottomila, super affollamento delle montagne, uso indiscriminato dell’ossigeno che riduce i tempi di acclimatamento e consente di salire diversi Ottomila nella stessa stagione, disastro ambientale sempre più esteso a cui è via via più difficile porre rimedio.

A queste comitive delle spedizioni commerciali partecipano oggi quasi tutti, dai clienti meno preparati fino anche ad alpinisti esperti, ma ognuno pensa poi solo a sé stesso e ai propri obiettivi personali. Non si partecipa a un team coordinato da un capo spedizione, ma a una rincorsa alle finestre di bel tempo pestandosi i piedi per non rimanere esclusi dalla possibilità di arrivare in cima.

Ormai ossigeno o non ossigeno non ha quasi più senso quando le montagne sono attrezzate da corde fisse dalla base alla cima, quando il 90% di chi sale un Ottomila usa l’ossigeno in maniera più o meno abbondante, risulta sempre più difficile far capire la differenza enorme fra chi lo usa e chi no, conta solo chi arriva in cima non importa come.

I record che oggi stanno ancora coinvolgendo il piccolo mondo ma che di fatto non interessano più a nessuno sono legati a quanto tempo ci si può mettere per salirli tutti, per entrare nel guinness dei primati, per ambizione personale non certo per ottenere più sponsor o fama.

Fino a che punto ci possiamo spingere?

Quest estate sul K2 per battere il record di Nirmal Purja abbiamo assistito a una situazione scandalosa con un portatore d’alta quota che non attrezzato è stato lasciato morto sulla traccia, scavalcato da 120 persone in salita e successivamente in discesa: come mai il responsabile dell’agenzia nepalese che lavorava per far battere il record non è intervenuto per sospendere la salita e far intervenire i suoi sherpa per cercare di rendere giustizia a un portatore pakistano morto nel lavoro?

In questi giorni sullo Shisha Pangma era in corso una competizione fra due donne americane per essere la prima a salire tutti i 14 ottomila: risultato entrambe morte con i rispettivi sherpa che le accompagnavano! In entrambi i casi nessuno ha voluto capire le condizioni troppo pericolose, il rischio a cui gli sherpa o i portatori d’alta quota vengono costretti a lavorare in nome di qualche ridicolo record, tutto sulla base di valutazioni economiche e non di accettazione delle condizioni della montagna. Ben vengano le decisioni come quella del Governo Cinese che ha chiuso la montagna a tutte le spedizioni.

Ha ancora senso partecipare a questo circo? O bisogna recuperare dei valori importanti dell’alpinismo, della cordata, dell’aiuto reciproco!

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