Crediti immagine: Redazione

K2, la morte e il record di Kristin Harila

La morte di Mohammed Hassan sul K2, la recordwoman Kristin Harila che lo scavalca quando è ancora in difficoltà e punta dritta verso la vetta della seconda montagna della Terra. “Non è alpinismo!” scrive Agostino Da Polenza nel suo editoriale.

Forse era un’esagerazione o un pensiero troppo semplice, quello che lassù, sulle montagne, l’amicizia e la solidarietà fossero di casa. La cronaca di epiche cordate di salvataggio aveva trasferito anche all’alpinismo questo nobile luogo comune. Il recupero di Claudio Corti sull’Eiger, che vide impegnati i mitici Riccardo Cassin e Lionel Terray e decine di alpinisti e guide; quello sul Dru a due giovani tedeschi, protagonisti René Desmaison, Gary Hemming e le guide di Chamonix; e ancora il soccorso a Walter Bonatti e Pierre Mazeaud sul Pilone Centrale e molti altri. Certo allora al Corriere c’era Dino Buzzati e scrivevano articoli giornalisti del calibro di Gianni Brera e Franco Rho.
L’idea che se qualcuno chiedeva aiuto bisognava rispondere, a prescindere dagli obblighi imposti dalle leggi del vivere civile, pareva forte e prevalente, lo era e lo è tuttora tanto da aver generato i “corpi del soccorso alpino”, organizzazioni con grande motivazione solidale e anche professionalità.

Ma rispetto a questo modo di comportarsi, il Karakorum e l’Himalaya paiono essere zone franche e quel che è accaduto recentemente sul K2, ripostato con grande evidenza anche dai principali quotidiani italiani, è consuetudine comune e denuncia inascoltata.
Moribondi sulla via dell’Everest, abbandonati agonizzanti al loro destino, sono cronaca pre e post monsonica abitudinaria da alcuni lustri.
Le spedizioni commerciali ( ti “garantisco” la cima/pago e ho diritto alla vetta) sempre più spregiudicate, gestite per la maggior parte da agenzie nepalesi, non hanno regole e non osservano certo codici deontologici. Codici peraltro sempre rifiutati dagli alpinisti, che han trovato in questa zona franca dell’alta quota giustificazioni sia ai propri insuccessi sportivi, ma anche al girare la testa dall’altra parte in caso di incidenti e tragedie.

Scrissi tanti anni fa che in caso di incidente grave su una via, le spedizioni avrebbero dovuto fermarsi e portare soccorso, come obbligatoriamente accade per tradizione e legge internazionale in mare, ma anche sulla terraferma dato che l’omissione di soccorso è un reato. Mi dissero, con una certa veemenza, che l’alpinismo è libertà e non ha (non vuole) regole.
Il fatto che riguarda la giovane norvegese aviotrasportata e ossigenata Kristin Harila, che sul traverso dopo il “collo di bottiglia”, sotto il grande seracco terminale del K2, scavalca (lei e la sua truppa nepalese) il corpo vivo e in difficoltà di un giovane alpinista e se ne va verso la gloria del record, è veleno puro che ci intossica e toglie le ultime speranza di vita anche all’alpinismo.
Ma siccome siamo nel mondo della competizione esasperata, s’è pure scatenata una polemica con il furente Gurkha Nirmal Purja, sorpassato di ben tre mesi nel suo record: i 14 Ottomila in 189 giorni. Per di più da una donna e dal suo staff, ovviamente.
Questo che Nirmal e la Harila ci propinano, al di là dell’essere oggettivamente una formidabile performance organizzativa e una grande prestazione anche fisica, assomiglia sempre più a una crudele e spregiudicata sfida per la notorietà e la gloria. Non è alpinismo! E che il bue dia “del cornuto all’asino”, accusandolo di uso eccessivo degli elicotteri è davvero inquietante e lascia intendere il bassissimo livello e il degrado del buon pensiero e dell’etica sportiva alpinistica.
Credo che se il mondo degli alpinisti non riuscirà a trovare un limite, non dico morale ma almeno di buon senso rinunciando a ipocrisie e alibi, o almeno a far sentire la propria ormai flebile voce, allora pur a malincuore penso che la magistratura, in questo caso del Governo del Pakistan potrebbe ad aprire una inchiesta, per il mancato soccorso e la morte del giovane alpinista lavoratore Mohammed Hassan.

Muhammad Hassan

Crediti immagine: Adventure Alpine Guides

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