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Crediti immagine: Janko FerliÄŤ

Come sta la fauna selvatica in Italia? La risposta di Legambiente

Dal report di Legambiente sulla fauna selvatica: La berta maggiore torna nelle Isole pontine e 64 coppie di Grifoni tornano a volare sulle creste della catena degli Appennini. Con Orsi bruni e lupi continua la mediazione per una buona coesistenza.

La fauna selvatica offre un contributo cruciale alla biodiversità. Tuttavia, sono oltre 8.400 le specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione come riporta l’IUCN, mentre quasi 30.000 sono ritenute in pericolo e vulnerabili. 

Le cause? Perdita di biodiversità e degrado sempre maggiore degli ecosistemi, urbanizzazione e riduzione degli spazi incontaminati, specie aliene invasive, bracconaggio e commercio di specie selvatiche. In particolare, in Italia dove si trova circa un terzo della fauna Europea la situazione ha luci e ombre ma ci sono dei dati molti incoraggianti.  In occasione del 3 marzo giornata (istituita nel 1973) in cui si celebra a livello mondiale la fauna selvatica Legambiente redige il report “Natura Selvatica a rischio in Italia” in cui fa una analisi dei successi e insuccessi, di pratiche di conservazione su alcune specie della penisola mostrando i risultati della collaborazione, intesa come relazioni e scambio di dati scientifici, dei soggetti coinvolti nella conservazione della natura.

La collaborazione tra enti, associazioni e aree protette è la carta vincente per la biodiversità

Per il World wildlife day, quest’anno si è scelto il tema della “collaborazione per la conservazione” con l’obiettivo di portare all’attenzione di tutti l’importanza cruciale che ha la fauna selvatica a livello ecologico. La volontà è inoltre di sottolineare il necessario impegno verso una miglior coesistenza con l’uomo e di come grazie alla cooperazione tra cittadini, enti questo sia possibile. L’Italia ha un vasto patrimonio faunistico, tra i più ricchi in Europa. Tuttavia, se da un lato per decenni abbiamo assistito a ripopolamento ed espansione di una buona parte delle specie c’è ancora molto lavoro da fare e non mancano le difficoltà da superare.

Ma ci sono alcune storie davvero di successo come quello che sta avvenendo nelle isole Pontine. Specie migratorie come le berta maggiore (Calonectris diomede), endemiche come la berta minore (Puffinus yelkouan) e l’uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus melitensis) specie pelagica mediterranea sono fortemente minacciate dal ratto nero, una tra le 100 specie invasive più dannose al mondo il quale distrugge i nidi di questi uccelli e ne limita la riproduzione. Ma grazie al programma PonDerat si è riusciti a eradicare in maniera quasi definitiva la presenza dei ratti neri nelle isole di Ventotene, Santo Stefano e Palmarola portando a 90% il successo riproduttivo. Questo ha innumerevoli vantaggi, infatti porterà a una riduzione nell’utilizzo di soluzioni rodenticidi (sostanze per allontanamento e riduzione della popolazione di ratti) e disagio per i turisti e persone del luogo.

L'impatto della Direttiva Habitat e Uccelli

Non è un successo solo per gli uccelli migratori. Infatti, grazie ai regimi di tutela, cruciale è stato l’impatto della Direttiva Habitat e Uccelli grazie al quale si è registrato un aumento della naturalità del continente europeo, le popolazioni di alcune specie selvatiche sono cresciute sia per dimensioni sia per area geografica. La riduzione della pressione e persecuzione antropica, infatti, hanno portato alla completa estinzione di uno dei rapaci più impressionanti d’Europa: il grifone eurasiatico (Gyps fulvus). Tuttavia, dopo un lungo percorso di reintroduzione iniziato nel 1994 in Appennino centrale, nel Parco naturale Regionale Sirente Velino, la popolazione è cresciuta al 2022 del doppio, passando in dieci anni da 34 a 64 coppie

Convivenza tra uomo e i grandi mammiferi come il lupo

Se è vero che aumentare più spazi verdi e incontaminati favorisce la biodiversità, cosa osservata per esempio per i grandi mammiferi come l’orso bruno e il lupo questo fa emergere diverse questioni di cui occuparsi: l’interazione di queste specie con l’uomo e la possibile convivenza. Questa oggi risulta una questione molto spinosa e complessa perché ormai ci siamo fortemente abituati a non entrare in contatto con la natura e men che meno quella più selvaggia e questo porta contrasti e polarizzazioni.

In zone geografiche fortemente antropizzate come l’italia, abbiamo assistito (per via della persecuzione umana) alla quasi completa estinzione intorno agli anni 70 del lupo specie Canis lupus italicus. Grazie poi alla resilienza della specie, all’abbandono delle campagne oltre che l’aumento della copertura forestale e il grande lavoro delle aree protette si è registrato un lento ripopolamento. Ad oggi, infatti, abbiamo quasi 3.300 lupi sulle regioni alpine e 2.400 lungo il resto della penisola. A questo dobbiamo il grande lavoro coordinato da ISPRA, istituzioni, volontari, associazioni (alcuni tra cui Federparchi, Wwf, Lipu e Legambiente). Il monitoraggio è stato fondamentale anche per intervenire e produrre strategie di gestione del conflitto con l’uomo e migliorare e favorire la convivenza. 

Dobbiamo ascoltare la scienza e fare degli sforzi maggiori

Come sottolineato nel report, abbiamo diversi strumenti ad oggi per ridurre il numero di aggressioni e danni dall’interazione del lupo con le attività umane basate su dati scientifici e studi a lungo termine. E tra le pratiche utili non rientra l’abbattimento incontrollato di individui che vivono in branco. La scienza ha ormai dimostrato che questa pratica porta solo a conseguenze negative in quanto genera una perturbazione delle interazioni sociali e di sopravvivenza innescando comportamenti anomali e non più gestibili o controllabili. Alla luce di questo emergono quindi dubbia sull’efficacia del recente provvedimento preso dal Governo italiano, introdotto nella manovra finanziaria in materia di fauna selvatica che favorirebbe la pratica venatoria sia in luoghi protetti e nelle città in netto contrasto con la Direttiva Habitat e le raccomandazioni della recente COP15.

Quindi possiamo dire che una maggior tutela, una miglior collaborazione tra istituzioni e un maggior sforzo di convivenza tra uomo e animali riducendo i conflitti sociali e  basando le scelte sulle evidenze scientifiche sia la ricetta vincente per riuscire a tutelare la preziosa fauna selvatica che abita e rendo unico l’ecosistema Terra.

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Come sta la fauna selvatica in Italia? La risposta di Legambiente
1 anno fa

[…] 12 Aprile 2023 0 […]