- Ottobre 13, 2023
- 9:03 am
Bostrico: a che punto siamo?
I nostri boschi di abete rosso, già provati sia da Vaia che dai cambiamenti climatici, sono sotto l’attacco del bostrico, che sta raggiungendo anche zone finora rimaste intatte.
Le chiazze color ruggine sulle nostre montagne si allargano sempre più: dopo Vaia Ips typographus sta colonizzando i boschi alpini dalla Lombardia al Friuli-Venezia Giulia, portando alla morte anche gli abeti rossi sani. Questo coleottero è ormai da alcuni anni in fase epidemica. Ha abbandonato il suo equilibrato ruolo nell’ecosistema in cui avviava verso la decomposizione gli alberi caduti o indeboliti per diventare una specie di flagello per le peccete (i boschi di abete rosso puro), già molto in difficoltà dopo la tempesta del 2018, gli schianti da neve dell’inverno 2019 e la forte siccità del 2022. Abbiamo parlato con Andrea Battisti, entomologo presso il Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova, per capire come siamo messi al momento.
Quali sono la situazione e la distribuzione alla fine dell’estate 2023?
“Arrivati a maggio 2023, sull’intero arco alpino – parliamo del versante italiano –, i danni hanno praticamente eguagliato quelli causati da Vaia, perché hanno riguardato aree che da essa non erano state colpite: la Val Pusteria, la Val Badia, tutta la zona dell’Alto Adige che non era stata interessata dalla tempesta, ma dove c’erano stati degli schianti da neve negli inverni del 2019 e del 2020. Lì il bostrico si è espanso in modo molto drammatico, ci sono stati migliaia di ettari interessati dall’evento e la stessa cosa è successa in Lombardia, in Val Camonica, in Valtellina, nelle valli del bergamasco”, elenca Battisti. “Questo è il quadro del danno, che è un danno di diversi milioni di metri cubi di materiale, il problema è che mentre Vaia era accorpato e quindi si è potuto, in una certa quantità di tempo, togliere il materiale a terra, il bostrico è più diffuso e quindi la rimozione delle piante colpite non ha avuto la stessa celerità. Sono ancora presenti piante morte in piedi, visibili perché assumono quel colore grigio dopo qualche anno, che non sono e non verranno utilizzate perché sono troppo lontane dalle vie di accesso, troppo scomode per le ditte che utilizzano il materiale e quindi rimarranno dove sono. Crolleranno dopo un po’, causando problemi di erosione e stabilità”.
Ci si aspettava un attacco intenso anche nel 2023, perché il numero di insetti presenti in primavera era altissimo, ma l’estate è stata piovosa e quindi favorevole per le piante: la situazione non è stata così devastante come nel 2022, che ha avuto un’estate molto calda e secca. I sintomi dell’attacco 2023 sono diventati visibili in modo molto progressivo: per effetto delle piogge e delle temperature oscillanti, le piante non hanno mostrato quell’arrossamento improvviso come avevano fatto nel 2022, ma sono diventate in parte grigie, in parte verde chiaro, adesso stanno virando su colori più tendenti al bruno. Avendo più risorse a disposizione sono riuscite a difendersi meglio, emettendo resine, resistendo un po’ più a lungo e mostrando i sintomi più a rilento.
Ci sono comunque forti danni anche nel 2023, come era da aspettarsi. Se però prima si pensava che l’epidemia avrebbe coinvolto solo le zone interessate da Vaia, quest’anno si è osservato che il bostrico è arrivato anche in aree diverse, dove non aveva ancora colpito. Quelli dell’insetto sono movimenti erratici, difficili da prevedere nel loro dinamismo: non hanno preferenze, si spostano in massa a seconda delle correnti e delle condizioni meteorologiche. Questo genera la difficoltà di individuare le nuove aree colpite, possono essere ovunque.
Un po’ di respiro
Ci aspettiamo un calo dei numeri nel prossimo futuro, perché, assieme all’andamento meteorologico favorevole diquest’anno, c’è anche una ripresa degli antagonisti naturali che riducono le popolazioni del bostrico, già in atto e che andrà in crescendo. Ci sono decine di organismi, parassitoidi e predatori, che si sviluppano a carico del bostrico sotto le cortecce e aiutano nella riduzione della densità del coleottero. Batteri, funghi, nematodi,invertebrati, artropodi, altri insetti, per non dimenticare i vertebrati che intervengono al di fuori degli alberi, come i picchi. Quando una “preda” aumenta notevolmente, anche le popolazioni di chi se ne nutre finiscono per crescere – con i propri tempi di reazione, ed è necessario che vi siano le condizioni giuste per potersi riprodurre. Le infestazioni, a un certo punto, terminano, e lo farà anche quella del bostrico, anche se questo non significa che non possano verificarsene altre.
Purtroppo dove l’epidemia ha colpito più duramente i boschi non c’è alcun rimedio: possiamo solo monitorare la situazione e ripensare i boschi del futuro, in modo che siano più resistenti ai cambiamenti climatici e che siano misti per essere più protetti dal bostrico.