Crediti immagine: Canva

Microbi mangia-plastica, nuova scoperta sulle Alpi

Questa nuova ricerca prende una direzione molto promettente, che consiste nell’identificare e coltivare microorganismi in grado di degradare le attuali plastiche.

Tramite una ricerca eseguita nelle Alpi Svizzere, a due passi dal confine italiano, e nelle isole Svalbard, in Groenlandia, un gruppo di ricercatori è riuscito a identificare una nuova tipologia di microbi che potrebbero tornare utili nel riciclaggio della plastica.
Come riportato dal Guardian, gli scienziati dell’Istituto Federale Svizzero (WSL) hanno campionato 19 tipi di batteri, più altri 15 funghi, entrambi cresciuti su plastica “libera” o sepolta intenzionalmente (per almeno un anno) nei terreni.

Nuovi microbi mangia-plastica

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Microbiology, dove il team, guidato dal professor Joel Rüthi, ha illustrato come, dopo aver raccolto i campioni, gli scienziati li abbiano portati in laboratorio, abbiano isolato singole cellule microbiche, e le abbiano lasciate crescere come colture pure, in un ambiente senza luce e ad una temperatura di 15 gradi.

In seguito, i microbi sono stati messi alla prova con varie tipologie di plastiche: PE (polietilene non biodegradabile), PUR (poliestere-poliuretano biodegradabile), PBAT (polibuttirato) e PLA (acido polilattico).

Mentre nessuno dei funghi e batteri è stato in grado di digerire il PE, quasi metà degli organismi cresciuti in laboratorio è stato in grado di digerire le altre tipologie di plastica, senza bisogno di alzare la temperatura.

Un nuovo passo verso l’industrializzazione dei microbi mangia-plastica

Uno dei problemi principali finora, infatti, è stato proprio quello della temperatura. In passato erano già stati trovati microrganismi in grado di assimilare le particelle della plastica, ma quando i loro enzimi venivano applicati su scala industriale, in genere funzionavano solo a temperature superiori ai 30°. Va da sé che mantenere una simile condizione termica renderebbe il processo energeticamente e finanziariamente troppo oneroso.


Secondo Rüthi, questo esperimento è un’altra conferma del fatto che i microbi potrebbero davvero essere la soluzione, a impatto quasi zero, nel riciclo della plastica.


Seppur ancora iniziali, risultati così promettenti aprono diverse possibilità future, tra cui identificare gli enzimi microbici responsabili delle attività degradative misurate, consentendo l’uso diretto degli stessi, l’ingegnerizzazione di microbi più maneggevoli e, di conseguenza, più industrializzabili.

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