Crediti immagine: Parete sud-ovest del Mahindra Peak, sulla quale già sono state aperte alcune vie © Massimo Marcheggiani

Alessandro Baù, Lorenzo D’Addario, Jerome Perruquet e Francesco Ratti in partenza per la Miyar Valley, lo “Yosemite d’India”

Una spedizione nel cuore dell’Himachal Pradesh all’insegna dell’esplorazione, con l’obiettivo di aprire una nuova via su una vetta himalayana.

Nell’Himalaya indiano, lontano dai principali circuiti turistici, si cela un paradiso di roccia ancora poco esplorato: la Miyar Valley. Per descrivere il fascino alpinistico della zona, Sir Chris Bonington scelse una espressione emblematica: “Yosemite dell’India”. Nelle prossime settimane la remota valle del Miyar, nel cuore dell’Himachal Pradesh, sarà meta di una spedizione tutta italiana, che vedrà come protagonisti gli alpinisti e guide alpine Alessandro Baù, Lorenzo D’Addario, Jerome Perruquet e Francesco Ratti.

Crediti immagine: Neverseen Tower, spedizione del 1991 ©Rudi Bianchi

Una spedizione tra ghiacci e pareti di granito

Situata nella porzione nordoccidentale del distretto di Lahaul e Spiti dell’Himachal Pradesh, la Miyar Valley si estende per oltre 75 chilometri dalla città di Udaipur (2.649 m) al Kang La Pass (5.500 m ca.), uno tra i passi di montagna più alti al mondo, e risulta coperta per oltre il 50% da ghiacciai. Le poche centinaia di abitanti presenti sul territorio basano la propria economia su agricoltura e allevamento. Salendo in quota, oltre i prati e i campi coltivati, inizia il paradiso alpinistico: innumerevoli vette dalle pareti di granito, molte delle quali ancora inviolate.

L’attenzione del team si concentrerà in particolare su due potenziali obiettivi: la Neverseen Tower (5.800 m) e il Mahindra Peak (6.080 m). Entrambi i picchi himalayani sono stati oggetto di prime salite nel recente passato. La prima ascesa della Neverseen Tower porta i nomi degli italiani Massimo Marcheggiani, Leone Di Vincenzo e Alberto Miele (1992). Agli americani Dave Sharratt e Freddie Wilkinson va il merito di aver salito per primi il Mahindra Peak (2007). Proposito delle 4 guide alpine è di tracciare una nuova via su una delle due vette. Quale montagna e quale parete nello specifico, rappresentano attualmente incognite che sarà possibile risolvere soltanto una volta giunti a destinazione.

“L’idea di partire per una spedizione di questo tipo è nata da me e Lorenzo, motivati dalla voglia di fare un viaggio in un luogo selvaggio, con un buon potenziale per “esplorare” e aprire vie nuove”. Racconta Francesco Ratti.Questa valle dell’India ci ha subito incuriosito, e facendo varie ricerche si è rivelata il luogo ideale per quel che avevamo in mente. Jerome e Alessandro si sono mostrati da subito entusiasti del progetto e in poco tempo abbiamo creato una squadra affiatata. Tra di noi solo Alessandro è già stato in India, ma non in questa zona e non per scopi alpinistici. Di fatto sarà per tutti un viaggio alla scoperta di un Paese nuovo e non vediamo l’ora di partire”.

Le tappe della spedizione

L’avvio della “Miyar Expedition 2023” è previsto per il 3 settembre prossimo, data del volo da Milano a Nuova Delhi. Dalla capitale indiana il gruppo raggiungerà in auto Manali, nell’Himachal Pradesh, per proseguire il giorno successivo fino al villaggio di Shukto. Qui avrà inizio il trekking, che avrà durata prevista di 3 giorni. Dopo una prima tappa presso il villaggio di Khanjar-Thanpattan (3.750 m) e una seconda presso il campo di Zardung (3.880 m), il terzo giorno di cammino è atteso l’arrivo al campo base, che sarà installato a circa 4.000 metri di quota. Una volta sul posto sarà il momento di scegliere l’obiettivo centrale della spedizione: Neverseen Tower o Mahindra Peak? “Sceglieremo la montagna e la parete che sarà il nostro obiettivo primario in base alle condizioni che troveremo al nostro arrivo” spiega il team, anticipando di avere già valutato qualche ipotesi per potenziali nuove vie da tracciare. “Abbiamo elaborato diverse idee sulla base delle foto in nostro possesso, ma per esperienza sappiamo che spesso la realtà è diversa da ciò che si può immaginare a partire da uno scatto. Dovremo dunque essere pronti ad adattarci, e anche a improvvisare, in funzione di quello che troveremo e scopriremo una volta arrivati alla base delle pareti”.

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