A George Lowe il Piolet d'Or alla carriera 2023

Quella di George Lowe è una vita impressionante, che parla di scalate estreme e di un alpinismo con un’etica moderna. Una storia che ora trova coronamento con il Piolet d’Or alla Carriera 2023.

George Lowe. Foto Piolet d'Or
George Lowe. Foto Piolet d'Or

Spesso citato come uno dei più grandi alpinisti viventi del Nord America, la giuria del Piolet d’Or ha deciso di assegnare a George Lowe il premio alla carriera 2023. “Ci sono pochi alpinisti che meritano di essere descritti come titani. George Lowe è uno di loro” commenta il riconoscimento Michael Kennedy. “In una carriera che si estende per più di cinque decenni e attraversa diverse generazioni, eccelle in ogni forma d’arte, ma soprattutto in quella più impegnativa e significativa: l’alpinismo alpino nella vasta wilderness del Nord America e dell’Himalaya. Dalle audaci ascensioni invernali alla fine degli anni ’60 nelle Tetons del Wyoming e dalle nuove vie pionieristiche nei primi anni ’70 su Mount Alberta e North Twin nelle Rockies canadesi, passando per una nuova via sull’Everest nel 1983 e una scalata solitaria del Dhaulagiri nel 1990, George ha sempre dimostrato un impegno per la difficoltà tecnica, i piccoli team e lo stile eccellente, oltre a un senso ben sviluppato del rischio – e delle immense ricompense – insiti nell’operare nell’ambiente alpino. Nel 1977, mi sono unito a lui su ‘Infinite Spur’ del Mount Foraker, una scalata che ha cambiato per sempre la mia comprensione di ciò che è possibile per una squadra di due persone nelle grandi montagne del mondo”.

Oltre alla carriera alpinistica Lowe conseguì, nei primi anni Settanta, un dottorato in fisica che lo portò a una lunga carriera nell’ingegneria dei sistemi. È membro onorario sia dell’American Alpine Club che dell’Alpine Club.

Una carriera che attraversa le generazioni

La carriera di Lowe è stata un crescendo. Dopo aver iniziato a scalare da giovanissimo, quando si unì a suo zio Ralph Lowe, che stava insegnando a scalare ai suoi figli, Mike, Greg e Jeff. Nel corso della sua carriera, Lowe avrebbe scritto molte importanti pagine alpinistiche, scalando nuove vie significative nelle Tetons, nelle Rockies canadesi, in Alaska e nell’Himalaya.

Nel 1974, insieme all’ex scalatore britannico Chris Jones, Lowe compì la prima salita in stile alpino della parete nord del North Twin nelle Rockies canadesi. Il canadese Barry Blanchard, alpinista di notevole esperienza, descrisse questa parete come una ripida parete di calcare rivolta a nord, più ripida dell’Eiger, alta una volta e mezzo El Capitan e la più difficile delle Rockies. Inoltre, per raggiungerla si doveva affrontare una giornata intera di faticoso viaggio in montagna dalla strada più vicina. Blanchard sostenne che l’ascensione del 1974, che durò sette giorni e fu compiuta “con una corda, un set di protezioni e due zaini”, fosse più difficile di qualsiasi altra cosa fosse stata fatta nelle Alpi europee.

In sette giorni di alpinismo in stile alpino nel 1977, Lowe e Michael Kennedy compirono la prima ascensione dello “Infinite Spur” sulla grande parete sud del Foraker, in Alaska, una via che sarebbe diventata una delle prove più impegnative della catena montuosa. Nel 1983, Lowe compì la prima ascensione della “Kangshung Face” dell’Everest. La salita del bastione roccioso inferiore alto circa 1100 metri, che ora porta il suo nome e rappresenta la parte tecnica della via, fu in gran parte merito della tenacia di Lowe. Ancora più impressionante è il tentativo del 1978 sulla cresta nord del Latok I, soprannominata lo “Spigolo Walker del Karakoram”. Jim Donini, Michael Kennedy, George e suo cugino Jeff Lowe trascorsero 21 giorni scalando oltre 100 tiri sopra il ghiacciaio Choktoi per raggiungere un punto a circa 150 metri sotto la vetta inviolata. Qui una combinazione di vento, freddo e il rapido deterioramento delle condizioni di Jeff Lowe dovuto al mal di montagna li costrinse a ritirarsi. Questo episodio rimane uno dei tentativi più importanti rimasti nella storia dell’alpinismo himalayano. Da evidenziare, tra l’altro, come nonostante decine di tentativi successivi, nessuno sia ancora riuscito a completare la via fino alla vetta.

Oggi George Lowe continua a scalare con un’energia, una capacità e un entusiasmo che superano i partner cinquant’anni più giovani – basti pensare alla sua scalata di 26 ore su “The Nose”, El Capitan, nel 2014 e alla rapida ascensione del Mount Huntington in Alaska nel 2015 -. “Tuttavia, sono le sue qualità personali che lo rendono speciale per tanti. Rimane umile e con i piedi per terra, nonostante una vita di notevoli successi, ed è tra le persone più calorose, gentili e premurose che io conosca” conclude Kennedy.

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