100 anni fa nasceva Miss Hawley, la custode dell’Himalayan Database

Nata il 9 novembre 1923, Miss Elizabeth Hawley compirebbe oggi 100 anni. Ideatrice dell’Himalayan Database, il più grande e preciso archivio di tutte le salite alle più alte montagne del Nepal.

Se fosse ancora fra noi, Miss Elizabeth Hawley compirebbe 100 anni. Era nata il 9 novembre 1923 a Chicago, amava il mare e la letteratura inglese, in cui si laureò nel 1946 all’Università del Michigan, e forse neppure lei si sarebbe mai immaginata un futuro in montagna e tantomeno nell’alpinismo. All’inizio, infatti, lavorò come giornalista e ricercatrice per «Fortune», una rivista di New York attiva nel campo degli studi economici. Non doveva esserne molto soddisfatta se decise di licenziarsi e prendersi un paio di anni di pausa per girare il mondo.

Siamo nel 1957: la giovane Elizabeth attraversa l’Europa, il Medio Oriente, arriva in Asia Meridionale, dove in particolare gira l’India, appena diventata una repubblica indipendente dal dominio britannico, e il Nepal, che grazie all’aiuto dell’India si avvia a indire le prime elezioni democratiche nella storia del paese, nel 1959. Proprio quell’anno e proprio in quel paese alle pendici delle grandi catene himalayane Miss Hawley stabilisce la sua nuova casa, da dove ha modo di osservare il cambiamento in atto in un paese che ha da poco riaperto agli Occidentali, così interessati alle sue montagne. Diventa corrispondente locale del «Time», ma è per l’agenzia Reuters che segue in esclusiva la prima spedizione americana all’Everest nel 1963.

È amore a prima vista.

Il progetto Himalayan Database

Miss Hawley possiede evidentemente l’attitudine alla catalogazione della realtà che caratterizza tanti fondatori di musei e archivi storici che oggi ci consentono di conservare memoria del passato.

E applica all’alpinismo, ambito di cui sa pochissimo, lo stesso rigore della ricercatrice e della giornalista che è, addentrandosi sempre più in quella realtà e conoscendone i protagonisti più importanti, come Edmund Hillary. Per lui gestisce fin da subito l’Himalayan Trust, fondato a sostegno dello sviluppo sociale ed economico della regione dell’Everest, grazie a cui vengono costruiti in zona ospedali, infrastrutture, scuole ed erogate borse di studio.

Si mette in testa di registrare in maniera precisa e puntuale tutte le salite alle più alte montagne del Nepal, incluse quelle realizzate dal Tibet e quelle al confine con Cina e India. Nasce così il grande progetto dell’Himalayan Database: parliamo del censimento di oltre 460 vette nepalesi, incluse quelle al confine con Cina e India, in più di 20.000 salite e oltre 7.000 interviste.

Miss Hawley divenne una sorta di “seconda vetta” per gli alpinisti, come l’ha definita Lisa Choegyal, sua amica di lunga data e attuale direttrice finanziaria dell’Himalayan Database. Da lei si partiva e, soprattutto, da lei si tornava con la salita in tasca, quando era andata bene, e solo lei poteva sancirla definitivamente. Il suo progetto, infatti, altro non è che un immenso lavoro di documentazione giornalistica, svolto grazie a implacabili interviste agli alpinisti sia prima, sia dopo la salita, a fotografie accurate e alle numerose informazioni geografiche e storiche raccolte negli anni da lei e dalla squadra nel frattempo messa in piedi.

Un’autorità indiscussa

È così che Miss Hawley riusciva a capire se un alpinista dicesse o meno la verità: lo sa bene Fausto De Stefani, a cui non riconobbe la salita sul Lhotse con Sergio Martini nel 1987, ma anche la coreana Oh Eu-Sun, che fu costretta a cedere la Corona degli Ottomila a Edurne Pasaban, ammettendo di non essere salita proprio in cima al Kangchenjunga.

Questo fu possibile perché l’autorità della Hawley era fuori discussione. Basti sapere che Reinhold Messner chiedeva a lei le informazioni per gli Ottomila che intendeva scalare. E probabilmente dopo di lei nessuno più ha oggi la stessa autorità, né la stessa levatura per poter contestare qualcosa agli alpinisti, nemmeno se agisce con le migliori intenzioni e con una solida documentazione, frutto di una grande esperienza sul campo. Prova ne è il polverone sollevato di recente dalle dichiarazioni del giornalista tedesco Eberhard Jurgalski, che dal 1981 pubblica sul sito 8000ers.com informazioni e statistiche relative alle salite delle vette di 8000, ma anche 7000 metri, che verifica attentamente con l’aiuto dello studioso basco Xaver Eguskitza e grazie a una rete di collaboratori della massima affidabilità. Polverone finito in nulla, perché a prevalere è stata l’autorità, anche quella indiscussa, degli alpinisti tirati in causa, come Reinhold Messner. Perché per fortuna l’alpinismo non è solo questione di numeri e record, per quanto se ne nutra, soprattutto ultimamente.

Un’eredità importante

Miss Hawley ha continuato il suo lavoro fino alla morte a 94 anni, il 26 gennaio 2018, nella sua amata Kathmandu. L’Himalayan Database è poi stato preso in consegna dall’American Alpine Club, che lo aveva supportato fin dalla sua fondazione negli anni ‘60, e prosegue oggi grazie a Billi Bierling, alpinista tedesca che con la Hawley ha iniziato a collaborare nel 2004, dopo averla conosciuta avendo scalato i 14 Ottomila. Intorno a lei si è costituita una fidata squadra di cui fanno parte l’inglese Richard Salisbury (direttore tecnico), Lisa Choegyal (direttrice finanziaria), il francese Rodolphe Popier, mago della cartografia, i nepalesi Jeevan Shrestha e Sareena Rai, il tedesco Tobias Pantel, per quanto Elizabeth Hawley rimanga per sempre direttrice emerita. Dal 2017 la messa online per la consultazione gratuita di questo grande database ha reso accessibile a tutti un lavoro che si può ben definire patrimonio dell’alpinismo mondiale.

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