Guida “tascabile” per il fuori pista

Ormai è sempre più gettonato e sta diventando molto “di moda”: ecco cosa fare e non fare.

Le prime nevicate hanno messo gli appassionati in fibrillazione: via la polvere da ciaspole, ramponi, sci o splitboard nei nostri garage, si va in montagna! Che si sia esperti o principianti, ecco alcuni consigli per divertirsi in sicurezza.

Attenzione alle regole

Ricordiamoci innanzitutto che secondo il Decreto Legislativo 28 febbraio 2021, n. 40, art. 26 (il Decreto Legislativo 29 agosto 2023, n. 120 non ha modificato questo articolo): “I soggetti che praticano lo sci-alpinismo o lo sci fuoripista o le attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante  le  racchette  da  neve, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe, devono munirsi di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala e sonda da neve, per garantire un idoneo intervento di soccorso”. Non si tratta più di un obbligo esistente solo per gli scialpinisti, ma per tutti coloro che praticano o si approcciano alle attività al di fuori delle piste battute. Citando Riccardo Crucioli, Giudice penale presso il Tribunale di Genova che ha scritto un interessante commento al D.lgs. n. 40/2021 sulla Rivista di Diritto Sportivo ospitata sul sito web del CONI: “È dunque chiaro lintento di accentuare – a livello legislativo – la necessità di una sempre maggiore auto-responsabilità in capo agli utenti della montagna che debbono assumere informazioni adeguate prima di effettuare attività in ambiente innevato e dotarsi di sistemi tali da garantire un tempestivo intervento di soccorso in modo autonomo: il c.d. auto-soccorso’”. A prescindere che si sia d’accordo o meno con questo articolo, bisogna considerare che ormai è in vigore e che se decidiamo di ignorarlo potremmo incorrere in una sanzione amministrativa compresa tra 100 e 150€.

A.R.T.VA, pala e sonda (e zaino)

Al di là delle preoccupazioni “pecuniarie”, il rischio zero in montagna non esiste: ecco perché è importante dotarsi dell’attrezzatura necessaria per l’autosoccorso, ricordando che entro i primi 15 minuti dal seppellimento da parte di una valanga le probabilità di trovare persone in vita sono del 93% – su 100 travolti 7 non sopravvivono a causa delle lesioni mortali subite -, mentre tra i 15 e i 45 minuti si osserva un forte calo delle probabilità di sopravvivenza, che passano dal 93% al 25% circa. Basta averli con sé, quindi? No: bisogna anche saperli usare sufficientemente bene da essere in grado di farlo anche in una situazione di grande stress come può essere la ricerca di un familiare o un amico. Pala e sonda vanno riposti ordinatamente nell’apposita tasca separata – non vorremo certo dover scavare tra snack, thermos e vestiti di ricambio per trovarli quando servono: ecco perché un normale zaino è sconsigliabile. Esistono anche zaini anti-valanga con airbag integrato, che si attivano in pochi secondi e offrono buone possibilità di evitare il seppellimento o ridurne la profondità, facilitando le operazioni di salvataggio e aumentando le probabilità di sopravvivenza. Togliamo la sonda dalla sua busta e infiliamola negli inviti presenti nello zaino. L’A.R.T.VA (Apparecchio di Ricerca Travolti in Valanga) invece deve essere carico – controlliamo sempre la batteria quando pianifichiamo un’escursione -, acceso in modalità trasmissione e indossato sotto la giacca o lo strato esterno che stiamo utilizzando grazie alle cinghie apposite. Meglio evitare di metterlo nelle tasche dei pantaloni o sopra la giacca, dove potremmo rischiare di perderlo se dovessimo essere travolti. Anche se si è in giro da soli – cosa non ottimale dal punto di vista della sicurezza, ma che può comunque capitare – è importante avere con sé l’attrezzatura per l’autosoccorso, perché in caso di valanga qualcuno potrebbe vedere il nostro coinvolgimento, o noi potremmo assistere a quello di qualcun altro – e quindi aiutarlo o essere cercati.

Meglio qualche grammo in più

Ricordiamoci che, a differenza di quando siamo su piste attrezzate, non avremo a disposizione cacciaviti, cibo e bevande calde, aiuto immediato del soccorso piste. Portiamo con noi un piccolo kit di pronto soccorso e uno per riparazioni e imprevisti: un attacco rotto o che si sgancia spesso, un gancio di una ciaspola o un laccio di un rampone che si rompe, un guanto perso, un taglio fatto con le lamine o con le punte possono diventare grossi problemi quando si è in mezzo al nulla, circondati solo da neve alta. Vestiamoci adeguatamente: se avremo freddo non potremo limitarci a raggiungere la baita più vicina per una cioccolata calda… Anche se in salita ci si scalda facilmente, per scendere c’è bisogno di ripararsi dal vento e magari di cambiare lo strato a contatto con la pelle se abbiamo sudato. Non sottovalutiamo nemmeno le provviste: un attacco di fame potrebbe avere un impatto importante sia sulle prestazioni fisiche che su quelle mentali, facendoci magari prendere scelte poco prudenti.

Conoscere, informarsi, pianificare

Avventurarsi in fuoripista richiede adeguate conoscenze: se siamo novizi, meglio affidarsi a una guida alpina. Esistono diversi corsi dove poter apprendere le basi necessarie per divertirsi in sicurezza, ma non dimentichiamo che nemmeno essere esperti ci mette del tutto al riparo da conseguenze spiacevoli. Ogni escursione è un’uscita a sé: se fino ad ora non ci è mai successo nulla, questo non deve condurci a un eccesso di confidenza perché abbiamo già fatto tante gite durante la stagione oppure perché abbiamo percorso quell’itinerario varie volte. André Roch, grande alpinista ed esperto di valanghe, era solito affermare: Sciatore esperto, stai attento, la valanga non sa che tu sei esperto”.

Pianificare litinerario è fondamentale: si stabilisce quale sia la meta più adatta in base alle condizioni attuali e alle capacità fisiche e tecniche di tutti i membri del gruppo. Dobbiamo basarci sulle informazioni più aggiornate disponibili, come quelle fornite dalle previsioni meteo e dal bollettino valanghe: quest’ultimo ci indica il grado di pericolo, a quali problematiche dobbiamo fare attenzione – neve fresca, ventata, bagnata, lastroni, strati deboli persistenti -, quali versanti potrebbero essere i più critici e come è più sicuro organizzare la gita. Raccogliamo tutte le informazioni possibili su lunghezza, esposizioni e pendenze dell’itinerario, chiediamo consigli e notizie sulla situazione locale ai professionisti, a coloro che abitano o conoscono la zona, ai rifugisti. Una volta arrivati sul posto osserviamo se le condizioni sono quelle previste e rivalutiamo le condizioni del terreno.

Alcune regole salva vita

Meglio non affrontare le zone sottovento o che si trovano al di sotto di cornici di neve, preferendo muoversi lungo creste e dorsali. Evitare di “tagliare” – attraversare – pendii aperti, nel caso in cui questo fosse inevitabile cercare di farlo il più in alto possibile. Quando ci fermiamo dobbiamo valutare attentamente dove può essere più sicuro farlo: non attardiamoci sotto grandi pendenze o creste, perché potrebbero staccarsi valanghe naturali o provocate da sciatori che hanno tagliato il pendio sopra di noi, oltre a scivolamenti di neve dovuti a cambi di pendenza o pareti rocciose. Se vediamo che ci sono tracce di altri escursionisti non pensiamo che indichino un percorso sicuro: le condizioni potrebbero essere cambiate da quando altri sono passati di lì (quelle di animali non danno nessuna garanzia). Nemmeno la presenza di altri gruppi su quel versante ci deve far pensare che non ci siano rischi se compiamo lo stesso percorso dietro di loro: anzi, il fatto di sovraccaricare molto il pendio potrebbe aumentare la probabilità di un distacco. Ricordiamo che i migliori indicatori delle valanghe sono le valanghe, quindi distacchi recenti ci segnalano che potrebbero essercene altre in zone dalle caratteristiche simili per esposizione, altitudine e morfologia del terreno. Altri segnali di allarme sono suoni di assestamento e crepe nel manto nevoso in corrispondenza dei tracciati: in questi casi evitiamo pendii di grandi dimensioni o con inclinazione superiore a 30 gradi. In definitiva, è sempre meglio raccontare seccati agli amici che non si è riusciti a terminare l’escursione che avremmo sognato perché non c’erano le giuste condizioni, che non avere la possibilità di farlo.

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