Omar Di Felice, aggiornamenti dall’Antartide

Omar Di Felice è ormai giunto al suo 24esimo giorno in Antartide, dove sta cercando di compiere la prima traversata del continente in bicicletta e in solitaria.

Prosegue la traversata antartica di Omar Di Felice, oggi al suo 24esimo giorno di traversata. L’ultraciclista romano, amante del freddo, è intenzionato a compiere la prima traversata del continente in bicicletta e in solitaria. Si tratta del secondo tentativo per il ciclista, dopo la rinuncia avvenuta nel corso della stagione 2022/2023.

Memore degli errori commessi durante il primo tentativo, questa volta Omar si è concentrato su ogni dettaglio, senza lasciare nulla al caso. E, una pedalata alla volta, si avvicina sempre più al Polo Sud affrontando le dure condizioni che solo l’Antartide può mettere davanti ai suoi visitatori. Temperature estreme, venti violentissimi, bufere e il temibile white out, quella condizione in cui non c’è più cielo e terra, ma solo un muro bianco. “Bloccato in questa piccola tenda il vento urla così forte che a volte hai l’impressione che strapperà via tutto portandoti chissà dove” scriveva Di Felice al nono giorno di traversata. “Impossibile pensare di uscire, smontare tutto e muovermi. Anche solo alzarsi a prendere il cibo nella slitta è operazione lunga e difficile. Chiuso nel sacco a pelo leggo ma, soprattutto, penso e scrivo. Cerco di interpretare il suono del vento per capire quando mi concederà una tregua”.

I chilometri percorsi

Pochi, ogni giorno, o quasi. A oggi Omar ha percorso poco più di 223 chilometri e non è nemmeno a metà del suo lungo viaggio fino al Polo. Nei diari giornalieri pubblicati sui suoi social l’ultraciclista parla di “atto di fede”. “È ciò che mi serve per vedere nella mia mente un traguardo che, al momento, i numeri dicono essere ad una distanza siderale. Però mi fermo e penso a quante volte nella vita ho pensato che non ce l’avrei fatta. A quante altre ho sentito dire che sarebbe stato impossibile”.

Ogni giorno un piccolo progresso, fossero anche solo 4 chilometri, guadagnati spingendo “la bici tra alti sastrugi e neve fresca che arriva sotto al ginocchio, è devastante e a tratti frustrante ma ogni giorno cerco di dare il massimo essendo la migliore versione di me. Qualunque sia la distanza che riuscirò a coprire in queste condizioni, quando tornerò a casa, vorrò avere la coscienza a posto di chi sa di aver fatto il massimo possibile”.

Perché lo faccio?

“Perché nella vita in generale, e nella carriera sportiva in particolare, ho l’ambizione di puntare in alto per vedere dove sono in grado di arrivare. Così facendo ho vinto, in ultimo, e al secondo tentativo, una gara, la Transamerica che tutto era fuorché per le mie caratteristiche: se avessi dovuto leggere i numeri o ascoltare i consigli non ci avrei mai dovuto provare. Sempre con giudizio e in sicurezza, ad oggi le condizioni sono estreme e difficilissime ma nulla che stia mettendo a rischio la mia incolumità. Continuerò giorno per giorno meravigliandomi di questo luogo affascinante e spaventoso al tempo stesso: Si chiama ‘esplorazione, scoperta’”.

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