La scalata di Robert Kennedy al Mount Kennedy, il toccante omaggio al fratello John

Due anni dopo la morte di John Kennedy, suo fratello Robert decide di scalare la montagna a lui intitolata dal Canada, il Mount Kennedy alto 4300 metri.

Il 22 novembre 1963 veniva assassinato a Dallas il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Due anni dopo suo fratello Robert salì la montagna a lui intitolata dal Canada dopo la morte, il Monte Kennedy (4300 metri), all’epoca una inesplorata vetta del gruppo montuoso del Sant’Elia, nello Yukon. Lo fece grazie a una incredibile spedizione organizzata dalla National Geographic Society che per l’occasione così importante chiese a Jim Whittaker di guidarla. Non uno qualunque, ma il primo statunitense a salire in cima all’Everest, il 1° maggio 1963. La storia di quell’avventura non solo alpinistica, di quello che la precedette e del contesto storico e politico in cui si svolse è raccontato in un libro, “Esploreremo le stelle”, di Eleonora Recalcati (Hoepli 2021).

La spedizione al Monte Kennedy

Jim Whittaker aveva conosciuto il Presidente Kennedy durante l’estate alla Casa Bianca, dove era stato invitato con i compagni e il capospedizione Norman Dyhrenfurth per le celebrazioni ufficiali della prima salita dell’Everest da parte degli americani. Non avrebbe mai potuto immaginare che due anni dopo avrebbe dovuto guidare suo fratello Robert su una remota montagna mai toccata da piede umano. Fu l’allora direttore della National Geographic Gilbert Hovey Grosvenor a combinare tutto, mentre Brad Washburn, direttore del Museo della Scienza di Boston, mise a disposizione le mappe geografiche dell’area, lui che conosceva lo Yukon più di chiunque altro. Il Kennedy è incastonato fra due cime già salite: l’Hubbard (4557 metri), scalato nel 1890 dal primo presidente della National Geographic, e il Monte Alverstone, esplorato 10 anni prima.

Con Whittaker partirono fra gli altri Dee Molenaar e il giovanissimo Barry Prather, membri della spedizione all’Everest, George Senner e William Allard, fotografo della National. Al campo base avanzato, per sdrammatizzare, a 3500 metri fu scavata una truna denominata “Camera del Senato”. La spedizione procedette senza troppi intoppi, a parte un po’ di maltempo. Il Senatore giunse in cima per primo, grazie a una finezza di Whittaker che con lui instaurò allora un rapporto di amicizia che sarebbe durato fino all’assassinio di Bob, nel 1968. Piantò una bandierina e si fermò per diversi minuti a riflettere sulla morte del fratello, ma anche sulle ragioni profonde che lo avevano spinto fin lì: proseguire il lavoro politico di John, lottare per una società più giusta, per i diritti civili di tutte le minoranze e contro la povertà.

Il contesto politico

Bob Kennedy dovette fidarsi del capospedizione come mai forse gli era successo di fidarsi di qualcuno: era in buona forma fisica, ma attraversare crepacci oltre 3000 metri non è cosa da tutti i giorni. Ci volle coraggio, un po’ di follia e una forte motivazione: erano gli anni Sessanta, un’epoca che negli Stati Uniti fu densa di avvenimenti tragici, legati alle grandissime lotte per i diritti civili di chi fino ad allora non ne aveva: i neri, i poveri. La società stava cambiando per sempre: mentre imperversava la guerra in Vietnam, era stata sfiorata la guerra fra Stati Uniti e Russia, nel 1962, con la crisi di Cuba, uno dei più critici momenti della guerra fredda, che impegnò John Kennedy all’inizio del suo breve mandato (1961-1963). Il 21 marzo 1965, quando la spedizione si mise in viaggio sul pendio del Monte Kennedy, era partita la terza marcia da Selma a Montgomery per affermare il diritto di voto degli afroamericani, finalmente protetti dalle autorità, dopo il massacro avvenuto alla prima: arrivarono il 24, giorno della vetta, poi seguì il discorso di Martin Luther King. Il quale venne assassinato il 4 aprile 1968, un mese prima di Bob Kennedy, il 6 maggio 1968.

Le vicende alpinistiche si mescolano a quelle politiche nella figura di Bob Kennedy, la cui esperienza al Monte Kennedy fu tra le tante che forgiarono il suo carattere, come ricorda Walter Veltroni nell’introduzione. Il racconto della sua salita è quello di un’intera epoca, scolpita dall’autrice come il ricordo di un tempo di grandi ideali, di speranza e desiderio di un futuro migliore.

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