Il massacro del passo Dyatlov, l’ombra nera della montagna

Sul finire del gennaio 1959 un gruppo di 9 giovani sciatori decide di intraprendere una spedizione in una remota zona degli Urali. Nessuno di loro avrebbe fatto ritorno a casa, uccisi da una forza di cui ancora oggi non si conosce il volto.

Era una fredda notte di fine gennaio 1959 quando un gruppo di dieci giovani ed esperti sciatori da finalmente forma a un sogno. Sono giovani e conservano un grande desiderio esplorativo, quello che li spinge a organizzare una difficile ascensione nel cuore degli urali. L’obiettivo è il monte Otorten e della spedizione fanno parte Igor Alekseevič Djatlov, capospedizione; il maestro di sci, Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv; tre ingegneri, Rustem Vladimirovič Slobodin, Jurij Alekseevič Krivoniščenko e Nikolaj Vasil’evič Thibeaux–Brignolles; e cinque studenti, Jurij Nikolaevič Dorošenko, Zinaida Alekseevna Kolmogorova, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina, Aleksandr Sergeevič Kolevatov e Jurij Efimovič Judin. Dei cinque studenti, Jurij sarà l’unico a sopravvivere di questo gruppo. Colpito infatti da una malattia non parteciperà alla spedizione.

La spedizione

Il 27 gennaio i nove intraprendono il loro avvicinamento alla montagna e per cinque giorni si muovono attraverso severi paesaggi invernali, tra foreste innevate e laghi ghiacciati. Puntavano dritti verso il passo Dyatlov, iniziandone poi l’ascesa il primo febbraio iniziarono l’ascesa. Quella sera avrebbero dovuto accamparsi alle pendici meridionali del monte, ma una violenta tempesta li costrinse a piazzare il loro campo più a ovest, ai piedi del Monte Cholatčachl, anche chiamato “montagna della morte”. In modo alquanto enigmatico, scelsero di piazzare le tende su un pendio ghiacciato invece di rifugiarsi nel vicino bosco, a poche centinaia di metri, dove avrebbero avuto maggiore riparo dalle intemperie.

Intorno alle 17, dopo aver posizionato il campo, i nove giovani si rilassarono, scambiandosi battute scherzose, scattando spensierate foto ricordo. Ancora non sapevano che quella notte si sarebbe trasformata in un incubo, dal quale nessuno di loro sarebbe mai ritornato.

Cosa accadde in quella misteriosa notte

Partiamo dai fatti verificati. Prima della partenza, il capo spedizione, Igor Alekseevič Djatlov, aveva promesso ai familiari che li avrebbe informati del loro ritorno tra il 10 e il 14 febbraio tramite un telegramma. Ma quel messaggio non arrivò mai, spingendo i parenti a segnalare la scomparsa del gruppo alle autorità. Il 20 febbraio, una massiccia squadra di ricerca, composta da polizia, esercito, studenti e insegnanti del Politecnico, si diresse verso gli Urali nella speranza di trovare i giovani in vita. Il loro sforzo fu enorme, ma le prime tracce del gruppo furono scoperte solo il 26 febbraio: una tenda lacerata e vuota.

Nessuno dei nove si trovava nella tenda, ma numerose impronte dal campo si dirigevano verso il vicino bosco. Circa 500 metri più avanti, sotto un grande albero di cedro, i soccorritori trovarono le tracce di un fuoco e i corpi di Jurij Nikolaevič Dorošenko e Jurij Alekseevič Krivoniščenko, che erano morti presumibilmente per ipotermia e indossavano solo la biancheria intima. Altri tre ragazzi (Igor Alekseevič Djatlov, Zinaida Alekseevna Kolmogorova e Rustem Vladimirovič Slobodin) furono ritrovati poco dopo tra l’albero e il campo base. Tuttavia, dei rimanenti quattro non vi era traccia.

I corpi di Nikolaj Vasil’evič Thibeaux-Brignolles, Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv, Ljudmila Aleksandrovna Dubinina e Aleksandr Sergeevič Kolevatov furono scoperti solo quattro mesi dopo, seppelliti sotto due metri di neve in un burrone nel bosco, a circa 500 metri dai primi due corpi. A differenza dei primi corpi, in cui la causa della morte sembrava essere l’ipotermia (Slobodin aveva una leggera frattura cranica), questi quattro mostravano gravi lesioni interne, costole rotte, gravi fratture craniche e inquietanti dettagli come la mancanza di lingua in uno dei corpi, parte di mascella e addirittura entrambi gli occhi mancanti. Ciò che rendeva la situazione ancora più surreale era che nessuno dei tre cadaveri presentava segni esterni di lesioni. Gli investigatori notarono che sembrava che una forza simile a quella di un violento incidente stradale avesse agito sui loro corpi, ma non vi erano segni di collisione. “Sembrava come se la forza li avesse sollevati” dichiararono nei rapporti. Inoltre, tutti gli indumenti recuperati erano stranamente radioattivi, e furono trovati frammenti metallici di origine sconosciuta.

Anni dopo, un’altra spedizione nella zona riferì di aver visto nel cielo delle sfere arancioni, simili a quelle avvistate dagli abitanti di Ivdel’, nella Siberia occidentale, per mesi e mesi sopra la cittadina. Le autorità governative identificarono queste sfere come missili R-7. La loro provenienza? Rimane tutt’ora ignota. Cosa accadde ai ragazzi in quel pomeriggio di fine anni Cinquanta? Non ci sono spiegazioni. E ad aggiungere una dose di mistero ancora più grande, un piccolo dettaglio: le tende dei ragazzi furono lacerate dall’interno.

L'ipotesi

Ci sono numerose teorie riguardo a questa tragica vicenda, ma nessuna spiega completamente i fatti. Alcune ipotesi suggeriscono un attacco da parte dei Mansi, gli abitanti del luogo, che avrebbe costretto i ragazzi a fuggire, ma l’assenza di segni di lotta e l’assenza di impronte diverse da quelle dei ragazzi rendono questa teoria poco plausibile. Secondo Judin, l’unico sopravvissuto, i suoi amici potrebbero essere entrati in un’area utilizzata per test militari terrestri. Alcuni alpinisti ipotizzano una “paranoia da valanga”, attribuendo la fuga dal campo a un rumore simile a quello di una valanga. Altri suggeriscono una “tempesta perfetta” con micro-tornado che avrebbero distrutto il campo base, costringendo i giovani a fuggire. Questa tempesta avrebbe anche generato infrasuoni inudibili all’orecchio umano, che avrebbero potuto confondere i giovani, già esausti dal freddo, dalla tempesta e dalla mancanza di sonno, portandoli alla follia. Alcune teorie più fantasiose sostengono che il gruppo potrebbe essere stato coinvolto in un esperimento segreto con un’arma sovietica, mentre altri suggeriscono un attacco alieno, citando gli avvistamenti delle sfere arancioni.

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