“Giù nella valle”, Paolo Cognetti torna in libreria

Un romanzo asciutto, breve ma intenso. “Giù nella valle”, edito da Einaudi, è la storia di un intreccio di vite che segna il ritorno di Paolo Cognetti in libreria.

Breve e intenso, ricco di immagini indimenticabili. Mancava Paolo Cognetti, mancava la sua penna che dopo “La felicità del lupo” (Einaudi, 2021) si è presa un paio di anni. E oggi eccolo tornare in libreria con “Giù nella valle” (Einaudi, 2023), portandosi ben oltre “Le otto montagne” (Einaudi, 2016), il romanzo con cui ha vinto il Premio Strega nel 2017.

Classe 1978, tra gli scrittori più promettenti della sua generazione. Questa volta Paolo Cognetti sceglie di abbassarsi di quota, di andare a esplorare il fondovalle della Valsesia. Un incipit canino anticipa quello che sarà il tema centrale del romanzo, il rapporto tra l’amore e la morte. La ricerca di un senso alle cose che accadono. Ma anche un’analisi di quelle scelte, quelle che ci sembra di aver preso in autonomia, ma che in realtà sono state dettate dagli intrecci della vita. La storia di due fratelli, Luigi e Alfredo. Il primo che sceglie di rimanere nella sua valle; l’altro che si allontana, raggiungendo le terre estreme del Canada polare. E ancora il loro padre, suicida per non dover affrontare la malattia. A legare “la famiglia” l’attaccamento all’alcool, lenitivo a ogni malattia. Ancora che impedisce di sprofondare nell’abisso più profondo. Si accosta ai tre, Elisabetta, la moglie di Luigi, innamorata della sua scelta così radicale di tornare alla natura, di non raggiungere la valle, ma di stare in alto, protetto dai monti. Il tutto nello scenario di una valle che a monte conserva una della cime più iconiche e dure delle Alpi, quella del Monte Rosa. Dall’altra parte il richiamo della pianura. In mezzo la storia di valligiani, la voce dell’autore del libro, che con una delicatezza rara narra le vite dei suoi protagonisti in un intreccio che assorbe il lettore, portandolo a consumare quelle 128 pagine in un’unica soluzione.  Dopo, tocca rileggerlo, per assorbire, per comprendere.

La sinossi

Un padre ha piantato due alberi davanti alla sua casa, uno per ogni figlio. Il primo, un larice, è Luigi, duro e fragile, che in trentasette anni non se n’è mai andato dalla valle. Lui e Betta si sono innamorati facendo il bagno nelle pozze del fiume, tra le betulle bianche: ora non succede piú cosí di frequente, ma aspettano una bambina e nell’aria si sente il profumo di un nuovo inizio. Lui ha appena accettato un lavoro da forestale, lei viene dalla città e legge Karen Blixen. L’altro albero è un abete: Alfredo è il figlio minore, ombroso e resistente al gelo, irrequieto e attaccabrighe. Per non fare piú guai ha scelto di scappare lontano, in Canada, tra gli indiani tristi e i pozzi di petrolio. Ma adesso è tornato. Alfredo e Luigi in comune hanno due cose. La prima sta in un bicchiere: bere senza sosta per giorni, crollare addormentati e riprendere il mattino dopo, un bianco, una birra, un whisky e avanti ancora un altro giro, bere al bancone dove si scommette se l’animale che uccide i cani lungo gli argini sia un lupo, un cane impazzito o chissà cosa. Oltre all’alcol però c’è la casa davanti a quei due alberi. Adesso che il padre se n’è andato, Alfredo è tornato in valle per liberarsi dei legami rimasti: lui non lo sa, ma quella stamberga da un giorno all’altro potrebbe valere una fortuna. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, Paolo Cognetti ha scritto il suo Nebraska.

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