Cerro Torre, il capolavoro dei Ragni di Lecco

È il 13 gennaio 1974 quando Casimiro Ferrari, Mario Conti, Pino Negri e Daniele Chiappa si abbracciano in cima al Cerro Torre. I Ragni di Lecco hanno vinto la montagna impossibile.

Nei primi anni Settanta l’attenzione del mondo alpinistico internazionale, e anche di una ristretta parte dell’opinione pubblica è focalizzata sul Cerro Torre. Una cuspide granitica che si alza verticale fino a 3128 metri di quota, alla fine del mondo. È il simbolo dell’impossibile, e ancora manca una salita certa e documentata fino alla vetta. Alla vetta vera, quella formata dal grande fungo ghiacciato che ogni tanto crolla. Nel 1970 i Ragni di Lecco, con Casimiro Ferrari erano riusciti ad arrivare ad appena duecentocinquanta metri dalla vetta, per poi ritirarsi di fronte a difficoltà all’apparenza insuperabili. Il Torre è una montagna che si sa difendere, ma i Ragni sono pazienti e sanno come assediare il loro obiettivo. L’hanno dimostrato più volte nel corso della loro storia.

Eccoci così al 1974 quando, per celebrare i 100 anni della sezione lecchese del CAI, di cui fa parte il gruppo dei Ragni della Grignetta, si decide di organizzare una grande spedizione al Cerro Torre con l’auspicio di far sventolare il gagliardetto della sezione sul punto più alto della “montagna impossibile”.

La via di salita era chiara, sarebbe passata per la parete ovest, come già avvenuto nel corso del primo tentativo. Bisognava però trovare un modo per superare quelle ultime difficoltà, quelle ultime manciate di metri che superavano i limiti del possibile. Il compito sarebbe spettato a Casimiro Ferrari, astro nascente del gruppo, che già aveva dimostrato di sapere il fatto suo quattro anni prima. Non mancavano certo nomi di spicco all’interno del gruppo, tra cui poter scegliere. Un Riccardo Cassin o un Carlo Mauri avrebbero avuto dalla loro l’esperienza di tanti anni di spedizioni e, il secondo, anche un confronto diretto con il Cerro Torre avvenuto nel 1958 in cordata con Walter Bonatti. Ma così il consiglio aveva deciso, toccava a Casimiro Ferrari farsi carico di questo compito tanto prestigioso, quanto complesso.

Il 1974

Alla spedizione prendono parte, oltre a Ferrari, anche Gigi Alippi, Angelino Zoia, Ernesto Panzeri, Mario Conti, Giuseppe Lanfranconi, Pino Negri, Daniele Chiappa e Claudio Corti. Completano il gruppo il dottor Sandro Liati e Mimmo Lanzetta.   

Fin da subito il 1974 sembra essere l’anno buono. Il gruppo è affiatato e i Ragni lavorano in parete a un ritmo impressionante. Quando non sono bloccati dalle violentissime bufere che si scontrano con la montagna macinano tiri su tiri. In breve tempo risalgono la ovest, raggiungendo l’Elmo. Un ghiacciaio verticale, che pare essere incollato alla parete per miracolo. Ci riescono in appena sei ore di scalata, conto i due giorni che la porzione di parete aveva richiesto quattro anni prima. Oltre continuano ad affrontare le grandi difficoltà dalla ovest con intuizione e genialità, trovando sempre alternative a problemi complessi.

La sfida più grande è quella con la meteo, che sembra non voler dar tregua al gruppo. Tra Natale e Capodanno i Ragni sono costretti a passare il loro tempo in parete, fermi, dentro a tende talmente piccole che è impossibile tenere dritta la testa quando ci si siede. Qui l’unica è attendere. Aspettare che la bufera passi, per poi ricominciare a proseguire verso l’alto.

Il bel tempo torna con la Befana, qualche giorno di tregua che permette al gruppo di superare l’Elmo raggiungendo il punto massimo del 1970. La scalata è ai limiti del reale, su protezioni inesistenti, equilibri precari e un ghiaccio inconsistente. Ogni chiodo basta appena per tenere su il peso di una persona. E, scrive Serafino Ripamonti, ne “I Ragni di Lecco, una storia per immagini”, “Occorrono anche trucchi ingegnosi, come quello di infilarsi i chiodi da mezzo metro sotto al piumino, per scaldarli quel tanto che basta da poterli infilare senza che il ghiaccio attorno si spacchi”.

La vetta

Superata la prima settimana di gennaio i progressi si arrestano e la spedizione sembra destinata a finire come quella del 1970. Le scorte alimentari si stavano esaurendo. È così tempo di prendere la decisione più difficile. A farlo è Casimiro Ferrari. Gli uomini sono tutti al campo dell’Elmo e i conti parlano chiaro. Per salire e scendere dal Cerro Torre sono necessari almeno 4 giorni e un minimo di due cordate. Una andrà in vetta, l’altra attrezzerà le corde fisse per agevolare la discesa. Le scorte alimentari rimaste sono sufficienti appena per 4 persone. Fatti i conti è chiaro che 8 uomini devono scendere dalla montagna, ma nel farlo devono raggiungere gli altri campi e tornare su, fino all’Elmo, per portare le ultime scorte alimentari a chi andrà in vetta. Chi scende? Chi rimane? La scelta è dolorosissima,  è pesa del tutto sulle spalle di Ferrari. Per lui tutti dovrebbero ambire alla cima del Torre, ma questo non può avverarsi. È poi Gigi Alippi a dire “Se scendo io, tutti mi seguiranno senza protestare” alleggerendo il carico di Ferrari.

“Se non siamo giù al campo base per il 16 o il 17 veniteci a cercare” risponde Casimiro all’amico. E così inizia la salita di quegli ultimi duecentocinquanta metri che separano i Ragni di Lecco dalla vetta del Cerro Torre, dalla risoluzione di uno dei problemi alpinistici più discussi dalla storia.

Il 13 gennaio Casimiro Ferrari, Mario Conti, Pino Negri e Daniele Chiappa si abbracciano in cima ai 3128 metri del Cerro Torre. Quando è tempo di prepararsi alla discesa bisogna trovare un buon ancoraggio per le corde. Su una cima fatto di solo ghiaccio inconsistente bisognare creare una sorta di corpo morto e così fanno. Fissano un chiodo da un metro, qualche staffa e tantissima neve a costruire un ometto, o un pupazzo. Una struttura che Pino Negri umanizza con il suo maglione rosso e con il casco di Mario Conti. È il quinto Ragno a raggiungere la vetta del Torre, il simbolo di tutti quegli uomini che hanno speso tutto per riuscire in questo obiettivo, che non è solo di chi ha raggiunto la vetta ma di tutti “Quelli del Torre”.

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